giovedì 3 ottobre 2019

MULI A FILO D’ACQUA - PAGAIOMULA VOL.2


Disclaimer: l’articolo contiene un linguaggio esplicitamente entusiasta, sconsigliato ad un pubblico poco sognatore.  

Tempo stimato di lettura: 10 minuti, mettiti comodo.


Si preannuncia un weekend per pochi, ad esplorare un ambiente sconosciuto per i Muli montanari: 2 giorni in canoa sull’alto Lario.
Le informazioni pre-partenza sono di ben poca comprensibilità per i Muli d’altura: previsti più di 35 km in 2 giorni. Saranno pochi? Saranno tanti? Soprattutto, saranno troppi? Finché si parla di metri di dislivello, di ore di cammino, di km di sviluppo, di cime, cengie, canali, ghiacciai, gradi di arrampicata i Muli sanno dove mettere l’asticella, cosa è fattibile, cosa è fuori portata. Ma in acqua salta ogni riferimento e così non resta che un incosciente “si ci sono” e presentarsi al ritrovo.
Ci si vede sabato alle 9 al solito Parini, insolitamente affollatissimo causa lezioni in corso a scuola. Partiamo alla volta di Dervio con 3 macchine cariche di 4 canoe per un totale di 4 Muli pagaiatori (io, Fede, Jacopo e Davide) e 2 provetti kayakers, Marco, papà di Jacopo, e Alessandro, che ci faranno da guida per i due giorni.

L’inesperienza dei Muli si fa sentire già in partenza: ci mettiamo due ore a scaricare le canoe e caricare tutti i bagagli con un tetris che a tratti sembra impossibile. Già da questo momento inizio ad assimilare termini nuovi: gavone, il buco nella canoa dove metti i bagnali e che trattenendo acqua fanno anche da galleggiante in caso di ribaltamento della canoa (eh sì perché la possibilità di finire testa in giù nell’acqua c’è).

Finalmente verso le 12 canoe in acqua e si parte da Dervio per una traversata in direzione sponda comasca del lago. La mia canoa doppia con Davide procede un po’ più lenta degli altri, Fede e Jacopo sull’altra pensano di essere ad una gara di motoscafi e partono con uno sparone che in 10 minuti li porta dall’altra parte del lago.
Puntiamo alla fine dell’abitato di Rezzonico. La prima ora è ricca di consigli su come pagaiare, che equivale a quando di solito spieghiamo ad uno che viene in montagna le prime volte come si cammina, dove si mettono le mani, come affaticarsi meno, etc. Imparo così che bisogna distendere bene le braccia, non tenere sempre stretta la pagaia, ma afferrarla con le mani in una sorta di ok, e non appoggiare la schiena allo schienale, ma stare un po’ piegata in avanti, che bisogna tenere pagaia all’altezza degli occhi. Frasi che diventeranno un mantra nei due giorni.

In canoa, a differenza che in montagna, non c’è un sentiero, non c’è una via, bisogna solo mettere la punta della canoa e lo sguardo nella direzione in cui si vuole andare: è l’unica regola per arrivare a destinazione. Poi bhè se sulla canoa hai la il timone, è tutto un po’ più facile.
Si prosegue in direzione Dongo dove ricordiamo che la storia è passata per le vie di quel piccolo borgo sul lago. Poco prima di Gravedona entriamo nella darsena della ex Falc, dove c’è un eco strano con il quale ci divertiamo a giocare. Si avete capito bene, l’acciaieria di Sesto San Giovanni aveva un polo estrattivo proprio sul lago di Como, caricava le barche e spediva tutto a Lecco per poi portarlo a Sesto per le lavorazioni.



Pausa su una spiaggetta per pranzo, baciati da un sole insolitamente estivo per il 28 settembre, che ci fa mettere la crema solare e apprezzare le gocce d’acqua che da inesperti pagaiomuli ci auto-schizziamo addosso in continuazione. Il campione in questa specialità è Jacopo, che con le sue pagaie a cucchiaio praticamente è sotto una costante cascata d’acqua.

Cambiamo equipaggio e io e la mia socia Fede Corti facciamo coppia. Non prima che abbia provato a spiegarmi come si pagaia 


Da questo momento in poi sarà tutto un sentirmi urlare da dietro “distendi bene le braccia, pagaia lungo, gira le spalle, ma non la testa”. Perché si sa, Fede non è una perfezionista, non ha muscoli da vendere e soprattutto non è convinta delle sue teorie!!



Continuiamo costeggiando e vedendo splendide ville sul lago. Ma è la sosta a Santa Maria del Tiglio a conquistarci più di tutte. Lasciamo le canoe quasi sul sagrato della chiesa, attraversiamo un incantevole prato all’inglese e scopriamo questo gioiellino sconosciuto del lago.


Marco si rivela la migliore guida del lago che potessimo desiderare: conosce angolini e scorci favolosi.
Puntiamo verso Gera Lario dove ci si ferma con la scusa di un caffè e ci raggiungere un altro kayaker esperto. Finiamo a fare aperitivo con birra e spritz e dopo quasi un’ora Marco ci avvisa che abbiamo ancora 5 minuti di tempo e poi si riparte, perché c’è ancora tanto da vedere.
Ci avviciniamo alla zona del Pian di Spagna e Marco ci fa vedere un paio di zone incantevoli. Una dove in un gennaio di qualche imprecisato anno fa ha cercato di fare bivacco, ma l’hanno avvisato che i guardia parco della zona di notte controllavano la zona per via della discesa dei cervi e che quindi sarebbe stato meglio spostarsi. Si avete capito bene, canoa&campeggio a gennaio, sul lago. L’inverno mi stupisce di più della presenza dei cervi. Durante il weekend avremo più volte l’occasione di sentire racconti di canoescursioni invernali. Per ora non fanno per noi, ma è già una rivoluzione copernicana sapere che la canoa non è solo una cosa da estate, sole a picco e frotte di gente in giro, ma che si può fare in tutte e quattro le stagioni.

Il posto del mancato bivacco di Marco però è meraviglioso e io nella testa me lo segno e già sogno prima o poi di mettercela la mia tendina. 

Tutte queste mini-visite a posti sul lago ci fanno prendere dimestichezza su come si sale e scenda una canoa, mettendo il piede in mezzo, tenendo la canoa perpendicolare alle onde, tenendo pagaia e canoa con una solo mano e impariamo come si mette il paraspruzzi. Il paraspruzzi passa velocemente dal sembrarmi una scomoda trappola ed un alleato indispensabile per non avere più acqua dentro la canoa che fuori.
Suggerisco a Fede pure un modo da vere signorine per tenerlo in discesa e salita, senza inzupparlo d’acqua prima ancora di entrare in canoa. A guardarci a me sembriamo un po’ le ippopotamine di Fantasia.  



Arriviamo alla spiaggia del nostro bivacco. E’ uno dei momenti che adoro di più dei due giorni, non solo perché essere arrivati qui significa smettere almeno per un po’ di pagaiare. Scarichiamo i bagagli, mettiamo ad asciugare giubbottini, paraspruzzi e vestiti. Jacopo ci racconta che hanno scelto il posto un paio di settimane fa venendo in perlustrazione. Eh si, perché come ogni uscita Mula, c’è molto dietro. Chi ti ha inviato minimo si è guardato l’itinerario, ha pubblicato la proposta (accollandosi anche l’eventuale rischio di zero adesioni), ha raccolto le presenze e domande a pioggia di possibili partecipanti. In questo caso Jacopo addirittura aveva pensato a varie mete dal mare, al veneto, forse pure a qualche fiume. Oltre che essergli infinitamente grati per lo sbatti che si è fatto insieme a Davide, la prendiamo un po’ come una mezza promessa che questa PagaioMulata Vol.2 sia solo la seconda di tante avventure.


Torniamo al bivacco. Appena inizia a scendere la luce montiamo le tende, in modo da essere sicuri di non essere visti, e quindi eventualmente cacciati. Una volta che ci siamo sistemati allestiamo la cucina.
I vestiti e i piedi asciutti ci sembrano un gran lusso.



Cucinare sui fornelletti, sulla spiaggia, alla luce della luna e delle stelle, fanno il resto dell’atmosfera. Ammetto che apprezzo oltre modo questo momento: nella mia vita ci sono risotti in busta che ho apprezzato di più di lunghe cene gourmet, questo è uno di quelli! Tornare all’essenziale, e vedere che non solo basta, ma è pure bellissimo, è sempre un regalo. Sarà la spiaggia, sarà la compagnia, sarà l’avventura, sarà pure la stanchezza. Mi gusto il momento, probabilmente molesto gli altri con degli occhi a cuore, diversi sospiri e parecchi “che bello!”
.

Innaffiamo la cena con una birretta e della vodka polacca dono del weekend precedente di Fede in Polonia. C’è pure una bella arietta che toglie l’umidità e il cielo è abbastanza affollato di stelle da riconoscere qualche costellazione. Sono estasiata.




Durante la serata c’è pure il tempo per raccontare ad Alessandro, cosa è la Mula, come è nata e cosa facciamo. Raccontarlo è la scusa buona per ricordarci anche che fortuna è essere parte di questa bella e pazza Mula. Promettiamo ad Alessandro che prima o poi lo portiamo con noi a fare qualche giro facile in montagna. Chiudiamo la serata con una lezione di Marco sull’indispensabile paletta.

Ci si dà appuntamento alle 7 la mattina dopo svegli. Forse anche per una missione non del tutto legale nella vicina area protetta dei Pian di Spagna, sulla quale non tutta la compagnia è d’accordo.
Al risveglio scopriamo che la missione non si potrà sicuramente fare: ci sono molti pescatori appostati davanti alla foce del’Adda, impossibile passare di lì inosservati.  Jacopo e Fede sicuramente sono contenti, forse i pescatori sono figuratni che hanno ingaggiato loro.
Ala fine ci mettiamo 2 ore a colazionare, smontare le tende, ricaricare le sacche stagne (altra parola nuova: sono le sacche dove mettere le cose, perché un po’ di acqua in canoa può entrare e meglio non bagnare i bagagli, soprattutto se si tratta di cose tipo il sacco a pelo in cui dovrai dormire la notte).
Si parte per ridiscendere verso Dervio, questa volta dal lato lecchese del lago. L’acqua è piatta, un olio, sembra proprio di scivolarci sopra. Costeggiamo e ad un certo punto vengo investita da un odore di bosco inaspettato: non pensavo che si potesse stare a livello dell’acqua del lago e sentire quel profumo che di solito associo alle passeggiate in montagna. Lo respiro a pieni polmoni e mi godo la sorpresa di questo cambio di prospettiva.

Ci fermiamo per un’escursione alla ricerca del laghetto Nero. I Ferrario sono al secondo tentativo di trovarlo, sono già venuti qui un’altra volta. Alla fine più che il lago-pozzanghera (FOTO) ci hanno colpito le castagne!!! Ci riempiamo le tasche, e poi le canoe (ora sono da Davide dal quale ci aspettiamo un invito per mangiarle ;-) )



Durante la camminata c’è anche il tempo perché Jacopo mi racconti della pagaiata estiva di alcuni giorni fatta a Corfù ad agosto ed è lì che sento due parole che insieme non avevo mai sentito: camping nautico. E’ un abbinamento al quale non avevo mai pensato, ma sento come un click e me ne rendo conto immediatamente: questo termine ora è nella mia lista dei desideri. So che lo sognerò fino alla prossima avventura!   

La tappa è la scusa buona anche per sgranchirci un po’ le gambe. Ripartiamo poi alla volta della baia di Piona. Anche qui il cambio di prospettiva c’è: vediamo la falesia di Piona, luogo di arrampicate mulesche, dal basso, non essedo lì a capire oggi che gradi faremo, ma a scrutare a distanza sagome di arrampicatori.
La voce, dolce ma non troppo, della mia socia di canoa inizia a farsi sentire più frequentemente e a furia di “allunga la pagaiata” deciderà a fine baia di Piona, complice una sosta in spiaggia, di abbandonarmi al malcapitato Davide.
Continuiamo a rimandare l’ora del pranzo, e al momento della sosta a Corenno decidiamo definitivamente che i nostri panini-ranci da viaggio c’è il riporteremo a casa,  vogliamo una pizza a fine avventura. Basta pronunciare la parola che diventa da quel momento il nostro unico pensiero.
Arrivati a fine giro scopriamo che abbiamo anche schivato il rischio onde alte e vento contro, che solo alla fine ci confideranno i kayakers esperti era reale stando alle previsioni meteo.

Disimbarchiamo tutti i bagagli, carichiamo le macchine ed dopo una pausa-oramai-cena ripartiamo alla volta di casa.




Arrivati al parcheggio del Parini ci incrociamo con Luca e Daniele, di rientro da un'altra avventura mulesca domenicale: salita al Resegone per le ferrate Centenario e Franco-De Silvano (o un nome simile).
Ci chiedono come è andata la pagaioMulata. Più che le parole, sono le nostre facce, l’entusiasmo nella voce (e pure qualche foto divertente) a fargli capire quanto siamo felici dei due giorni a filo d’acqua. Forse anche grazie allo stupore che vediamo nelle loro facce, ci rendiamo conto di quanto siamo super felici di questa avventura! A volte serve vedere il proprio entusiasmo riflesso negli altri. (Tra l’altro credo che altri due pagaioMuli per le prossime avventure lì abbiamo conquistati. )
Me ne torno a casa con molte parole nuove imparate, un’avventura condivisa in più, la scoperta che 38 km in canoa in due giorni non solo si possono fare, ma che anche io li posso fare!, e la voglia pazza di giornate a filo d’acqua e notti di bivacco!!

W la mula
W il presidente
W cambiare prospettiva
W le nuove rotte
W il camping nautico

Clara

[ndr: Maestri pagaiatori perdonate se ho scritto qualche cosa di impreciso sull’arte delle canoa ;-) ]


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3 commenti:

  1. Brava Clara, al tuo primo trekking in kayak con bivacco hai pienamente recepito lo spirito del KdM escursionistico-itinerante, ne hai colto l'essenza e sei riuscita molto bene a descriverla. Per te e per la M.U.L.A. non è difficile "navigare" sui monti e "camminare" sulle acque è la stessa filosofia e la stessa gioia.

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  2. Bravi ragazzi, e' stato proprio piacevole pagaiare con voi e trascorrere 2 giorni e 1 bivacco tra posti spettacolari come quelli che abbiamo lambito affiancati, miglio dopo miglio.
    Non era certo un giretto, ma avete trovato sempre le energie e la capacità di darvi forza vicendevolmente.
    Spero vorrete ripetere l'esperienza e coinvolgere anche altri Muli ����
    Alla prossima !

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  3. Bravi ragazzi, e' stato proprio piacevole pagaiare con voi e trascorrere 2 giorni e 1 bivacco tra posti spettacolari come quelli che abbiamo lambito, miglio dopo miglio.
    Non era certo un giretto, ma avete trovato sempre le energie e la capacità di darvi forza vicendevolmente.
    Spero vorrete ripetere l'esperienza e coinvolgere anche altri Muli :) e per chi vorrà continuare raccomando di fare un corso per apprendere le tecniche di conduzione del kayak e sicurezza.

    Alla prossima !

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