Disclaimer: l’articolo contiene un linguaggio esplicitamente
entusiasta, sconsigliato ad un pubblico poco sognatore.
Tempo stimato di lettura: 10 minuti, mettiti comodo.
Si preannuncia un weekend per
pochi, ad esplorare un ambiente sconosciuto per i Muli montanari: 2 giorni in
canoa sull’alto Lario.
Le informazioni pre-partenza sono
di ben poca comprensibilità per i Muli d’altura: previsti più di 35 km in 2
giorni. Saranno pochi? Saranno tanti? Soprattutto, saranno troppi? Finché si
parla di metri di dislivello, di ore di cammino, di km di sviluppo, di cime,
cengie, canali, ghiacciai, gradi di arrampicata i Muli sanno dove mettere
l’asticella, cosa è fattibile, cosa è fuori portata. Ma in acqua salta ogni
riferimento e così non resta che un incosciente “si ci sono” e presentarsi al
ritrovo.
Ci si vede sabato alle 9 al
solito Parini, insolitamente affollatissimo causa lezioni in corso a scuola.
Partiamo alla volta di Dervio con 3 macchine cariche di 4 canoe per un totale
di 4 Muli pagaiatori (io, Fede, Jacopo e Davide) e 2 provetti kayakers, Marco,
papà di Jacopo, e Alessandro, che ci faranno da guida per i due giorni.
L’inesperienza dei Muli si fa
sentire già in partenza: ci mettiamo due ore a scaricare le canoe e caricare
tutti i bagagli con un tetris che a tratti sembra impossibile. Già da questo
momento inizio ad assimilare termini nuovi: gavone,
il buco nella canoa dove metti i bagnali e che trattenendo acqua fanno anche da
galleggiante in caso di ribaltamento della canoa (eh sì perché la possibilità
di finire testa in giù nell’acqua c’è).
Finalmente verso le 12 canoe in
acqua e si parte da Dervio per una traversata in direzione sponda comasca del
lago. La mia canoa doppia con Davide procede un po’ più lenta degli altri, Fede
e Jacopo sull’altra pensano di essere ad una gara di motoscafi e partono con
uno sparone che in 10 minuti li porta dall’altra parte del lago.
Puntiamo alla fine dell’abitato
di Rezzonico. La prima ora è ricca di consigli su come pagaiare, che equivale a
quando di solito spieghiamo ad uno che viene in montagna le prime volte come si
cammina, dove si mettono le mani, come affaticarsi meno, etc. Imparo così che
bisogna distendere bene le braccia, non
tenere sempre stretta la pagaia, ma afferrarla con le mani in una sorta di ok,
e non appoggiare la schiena allo schienale, ma stare un po’ piegata in avanti,
che bisogna tenere pagaia all’altezza degli occhi. Frasi che diventeranno
un mantra nei due giorni.
In canoa, a differenza che in
montagna, non c’è un sentiero, non c’è una via, bisogna solo mettere la punta
della canoa e lo sguardo nella direzione in cui si vuole andare: è l’unica
regola per arrivare a destinazione. Poi bhè se sulla canoa hai la il timone, è
tutto un po’ più facile.
Si prosegue in direzione Dongo dove
ricordiamo che la storia è passata per le vie di quel piccolo borgo sul lago.
Poco prima di Gravedona entriamo nella darsena della ex Falc, dove c’è un eco
strano con il quale ci divertiamo a giocare. Si avete capito bene, l’acciaieria
di Sesto San Giovanni aveva un polo estrattivo proprio sul lago di Como,
caricava le barche e spediva tutto a Lecco per poi portarlo a Sesto per le
lavorazioni.
Pausa su una spiaggetta per
pranzo, baciati da un sole insolitamente estivo per il 28 settembre, che ci fa
mettere la crema solare e apprezzare le gocce d’acqua che da inesperti
pagaiomuli ci auto-schizziamo addosso in continuazione. Il campione in questa
specialità è Jacopo, che con le sue pagaie a cucchiaio praticamente è sotto una
costante cascata d’acqua.
Cambiamo
equipaggio e io e la mia socia Fede Corti facciamo coppia. Non prima che abbia
provato a spiegarmi come si pagaia
Da questo momento in poi sarà
tutto un sentirmi urlare da dietro “distendi
bene le braccia, pagaia lungo, gira le spalle, ma non la testa”. Perché si
sa, Fede non è una perfezionista, non ha muscoli da vendere e soprattutto non è
convinta delle sue teorie!!
Continuiamo costeggiando e
vedendo splendide ville sul lago. Ma è la sosta a Santa Maria del Tiglio a
conquistarci più di tutte. Lasciamo le canoe quasi sul sagrato della chiesa,
attraversiamo un incantevole prato all’inglese e scopriamo questo gioiellino
sconosciuto del lago.
Marco si rivela la migliore guida
del lago che potessimo desiderare: conosce angolini e scorci favolosi.
Puntiamo verso Gera Lario dove ci
si ferma con la scusa di un caffè e ci raggiungere un altro kayaker esperto. Finiamo
a fare aperitivo con birra e spritz e dopo quasi un’ora Marco ci avvisa che
abbiamo ancora 5 minuti di tempo e poi si riparte, perché c’è ancora tanto da
vedere.
Ci avviciniamo alla zona del Pian
di Spagna e Marco ci fa vedere un paio di zone incantevoli. Una dove in un
gennaio di qualche imprecisato anno fa ha cercato di fare bivacco, ma l’hanno
avvisato che i guardia parco della zona di notte controllavano la zona per via
della discesa dei cervi e che quindi sarebbe stato meglio spostarsi. Si avete
capito bene, canoa&campeggio a gennaio, sul lago. L’inverno mi stupisce di
più della presenza dei cervi. Durante il weekend avremo più volte l’occasione
di sentire racconti di canoescursioni invernali. Per ora non fanno per noi, ma
è già una rivoluzione copernicana sapere che la canoa non è solo una cosa da
estate, sole a picco e frotte di gente in giro, ma che si può fare in tutte e
quattro le stagioni.
Il posto del mancato bivacco di
Marco però è meraviglioso e io nella testa me lo segno e già sogno prima o poi
di mettercela la mia tendina.
Tutte queste mini-visite a posti
sul lago ci fanno prendere dimestichezza su come si sale e scenda una canoa, mettendo il piede in mezzo, tenendo la canoa
perpendicolare alle onde, tenendo pagaia e canoa con una solo mano e impariamo
come si mette il paraspruzzi. Il paraspruzzi passa velocemente dal
sembrarmi una scomoda trappola ed un alleato indispensabile per non avere più
acqua dentro la canoa che fuori.
Suggerisco a Fede pure un modo da
vere signorine per tenerlo in discesa e salita, senza inzupparlo d’acqua prima
ancora di entrare in canoa. A guardarci a me sembriamo un po’ le ippopotamine
di Fantasia.
Arriviamo alla spiaggia del
nostro bivacco. E’ uno dei momenti che adoro di più dei due giorni, non solo perché
essere arrivati qui significa smettere almeno per un po’ di pagaiare. Scarichiamo
i bagagli, mettiamo ad asciugare giubbottini, paraspruzzi e vestiti. Jacopo ci
racconta che hanno scelto il posto un paio di settimane fa venendo in
perlustrazione. Eh si, perché come ogni uscita Mula, c’è molto dietro. Chi ti
ha inviato minimo si è guardato l’itinerario, ha pubblicato la proposta
(accollandosi anche l’eventuale rischio di zero adesioni), ha raccolto le
presenze e domande a pioggia di possibili partecipanti. In questo caso Jacopo addirittura
aveva pensato a varie mete dal mare, al veneto, forse pure a qualche fiume.
Oltre che essergli infinitamente grati per lo sbatti che si è fatto insieme a
Davide, la prendiamo un po’ come una mezza promessa che questa PagaioMulata
Vol.2 sia solo la seconda di tante avventure.
Torniamo al bivacco. Appena inizia
a scendere la luce montiamo le tende, in modo da essere sicuri di non essere
visti, e quindi eventualmente cacciati. Una volta che ci siamo sistemati allestiamo
la cucina.
I vestiti e i piedi asciutti ci
sembrano un gran lusso.
Cucinare sui fornelletti, sulla
spiaggia, alla luce della luna e delle stelle, fanno il resto dell’atmosfera.
Ammetto che apprezzo oltre modo questo momento: nella mia vita ci sono risotti
in busta che ho apprezzato di più di lunghe cene gourmet, questo è uno di
quelli! Tornare all’essenziale, e vedere che non solo basta, ma è pure
bellissimo, è sempre un regalo. Sarà la spiaggia, sarà la compagnia, sarà l’avventura,
sarà pure la stanchezza. Mi gusto il momento, probabilmente molesto gli altri
con degli occhi a cuore, diversi sospiri e parecchi “che bello!”
.
Innaffiamo la cena con una
birretta e della vodka polacca dono del weekend precedente di Fede in Polonia. C’è
pure una bella arietta che toglie l’umidità e il cielo è abbastanza affollato
di stelle da riconoscere qualche costellazione. Sono estasiata.
Durante la serata c’è pure il
tempo per raccontare ad Alessandro, cosa è la Mula, come è nata e cosa
facciamo. Raccontarlo è la scusa buona per ricordarci anche che fortuna è
essere parte di questa bella e pazza Mula. Promettiamo ad Alessandro che prima
o poi lo portiamo con noi a fare qualche giro facile in montagna. Chiudiamo la serata con una lezione di Marco sull’indispensabile
paletta.
Ci si dà appuntamento alle 7 la
mattina dopo svegli. Forse anche per una missione non del tutto legale nella
vicina area protetta dei Pian di Spagna, sulla quale non tutta la compagnia è d’accordo.
Al risveglio scopriamo che la
missione non si potrà sicuramente fare: ci sono molti pescatori appostati
davanti alla foce del’Adda, impossibile passare di lì inosservati. Jacopo e Fede sicuramente sono contenti, forse
i pescatori sono figuratni che hanno ingaggiato loro.
Ala fine ci mettiamo 2 ore a
colazionare, smontare le tende, ricaricare le sacche stagne (altra parola nuova: sono le sacche dove mettere le
cose, perché un po’ di acqua in canoa può entrare e meglio non bagnare i
bagagli, soprattutto se si tratta di cose tipo il sacco a pelo in cui dovrai
dormire la notte).
Si parte per ridiscendere verso
Dervio, questa volta dal lato lecchese del lago. L’acqua è piatta, un olio, sembra
proprio di scivolarci sopra. Costeggiamo e ad un certo punto vengo investita da
un odore di bosco inaspettato: non pensavo che si potesse stare a livello dell’acqua
del lago e sentire quel profumo che di solito associo alle passeggiate in
montagna. Lo respiro a pieni polmoni e mi godo la sorpresa di questo cambio di prospettiva.
Ci fermiamo per un’escursione
alla ricerca del laghetto Nero. I Ferrario sono al secondo tentativo di
trovarlo, sono già venuti qui un’altra volta. Alla fine più che il lago-pozzanghera
(FOTO) ci hanno colpito le castagne!!! Ci riempiamo le tasche, e poi le canoe
(ora sono da Davide dal quale ci aspettiamo un invito per mangiarle ;-) )
Durante la camminata c’è anche il
tempo perché Jacopo mi racconti della pagaiata estiva di alcuni giorni fatta a
Corfù ad agosto ed è lì che sento due parole che insieme non avevo mai sentito:
camping nautico. E’ un abbinamento al
quale non avevo mai pensato, ma sento come un click e me ne rendo conto
immediatamente: questo termine ora è nella mia lista dei desideri. So che lo
sognerò fino alla prossima avventura!
La tappa è la scusa buona anche
per sgranchirci un po’ le gambe. Ripartiamo poi alla volta della baia di Piona.
Anche qui il cambio di prospettiva c’è: vediamo la falesia di Piona, luogo di
arrampicate mulesche, dal basso, non essedo lì a capire oggi che gradi faremo,
ma a scrutare a distanza sagome di arrampicatori.
La voce, dolce ma non troppo,
della mia socia di canoa inizia a farsi sentire più frequentemente e a furia di
“allunga la pagaiata” deciderà a fine baia di Piona, complice una sosta in
spiaggia, di abbandonarmi al malcapitato Davide.
Continuiamo a rimandare l’ora del
pranzo, e al momento della sosta a Corenno decidiamo definitivamente che i
nostri panini-ranci da viaggio c’è il riporteremo a casa, vogliamo una pizza a fine avventura. Basta
pronunciare la parola che diventa da quel momento il nostro unico pensiero.
Arrivati a fine giro scopriamo
che abbiamo anche schivato il rischio onde alte e vento contro, che solo alla
fine ci confideranno i kayakers esperti era reale stando alle previsioni meteo.
Disimbarchiamo tutti i bagagli, carichiamo
le macchine ed dopo una pausa-oramai-cena ripartiamo alla volta di casa.
Arrivati al parcheggio del Parini
ci incrociamo con Luca e Daniele, di rientro da un'altra avventura mulesca domenicale:
salita al Resegone per le ferrate Centenario e Franco-De Silvano (o un nome
simile).
Ci chiedono come è andata la
pagaioMulata. Più che le parole, sono le nostre facce, l’entusiasmo nella voce
(e pure qualche foto divertente) a fargli capire quanto siamo felici dei due
giorni a filo d’acqua. Forse anche grazie allo stupore che vediamo nelle loro
facce, ci rendiamo conto di quanto siamo super felici di questa avventura! A
volte serve vedere il proprio entusiasmo riflesso negli altri. (Tra l’altro credo
che altri due pagaioMuli per le prossime avventure lì abbiamo conquistati. )
Me ne torno a casa con molte
parole nuove imparate, un’avventura condivisa in più, la scoperta che 38 km in
canoa in due giorni non solo si possono fare, ma che anche io li posso fare!, e
la voglia pazza di giornate a filo d’acqua e notti di bivacco!!
W la mula
W il presidente
W cambiare prospettiva
W le nuove rotte
W il camping nautico
Clara
[ndr: Maestri pagaiatori perdonate se ho scritto qualche cosa di
impreciso sull’arte delle canoa ;-) ]
PERCORSO FATTO -->
Brava Clara, al tuo primo trekking in kayak con bivacco hai pienamente recepito lo spirito del KdM escursionistico-itinerante, ne hai colto l'essenza e sei riuscita molto bene a descriverla. Per te e per la M.U.L.A. non è difficile "navigare" sui monti e "camminare" sulle acque è la stessa filosofia e la stessa gioia.
RispondiEliminaBravi ragazzi, e' stato proprio piacevole pagaiare con voi e trascorrere 2 giorni e 1 bivacco tra posti spettacolari come quelli che abbiamo lambito affiancati, miglio dopo miglio.
RispondiEliminaNon era certo un giretto, ma avete trovato sempre le energie e la capacità di darvi forza vicendevolmente.
Spero vorrete ripetere l'esperienza e coinvolgere anche altri Muli ����
Alla prossima !
Bravi ragazzi, e' stato proprio piacevole pagaiare con voi e trascorrere 2 giorni e 1 bivacco tra posti spettacolari come quelli che abbiamo lambito, miglio dopo miglio.
RispondiEliminaNon era certo un giretto, ma avete trovato sempre le energie e la capacità di darvi forza vicendevolmente.
Spero vorrete ripetere l'esperienza e coinvolgere anche altri Muli :) e per chi vorrà continuare raccomando di fare un corso per apprendere le tecniche di conduzione del kayak e sicurezza.
Alla prossima !