Il titolo di questo articolo, che all’orecchio
meno esperto può suonare come una frase offensiva, è la domanda che bisogna
porsi prima di iniziare ad avventurarsi nelle acque di un qualsiasi lago.
Così, come comitiva di 19 coraggiose persone, ci
siamo dati appuntamento verso le 10 di mattina di sabato 16 luglio al lago di Idro. Scrivo
coraggiose perché, effettivamente, non è da tutti sfidare i consigli di Studio
Aperto, il quale invita spassionatamente le persone a rimanere a casa nelle ore
più calde della giornata. Ebbene, noi come gruppo ce ne siamo altamente
infischiati: primo perché non siamo anziani, e secondo perché non siamo
bambini.
A parte questo piccolo incipit, ne abbiamo
approfittato per dare un’occhiata all’attrezzatura in esposizione al bancone
della struttura del noleggio, mentre aspettavamo i mancanti all’appello.
Alcuni, tra cui il sottoscritto che prima di allora aveva visto il kayak
solamente in foto, si sono gentilmente prestati a una dimostrazione su come
manovrare la pagaia sotto le attente indicazioni di Marco. Le premesse
sembravano delle pegg... (coff coff) migliori.
La partenza da Anfo non poteva che essere altrimenti: armati di cappello e con
uno strato massiccio di crema solare sul viso e sulle braccia, siamo partiti
alla conquista del lago. Nemmeno il caldo ci avrebbe fermati, sebbene ci
fossero già trentordici gradi di primo mattino.
Seppur Elena e Dario abbiano scelto di pagaiare
con il loro bel SUP ritrovandosi in leggero svantaggio, sono riusciti comunque
a tenere il “passo” con chi, invece, pagaiava in coppia. Tutto sommato la prima
tappa è stata piuttosto agevole, dato che avevamo la forza nelle spalle e il
venticello soffiava a nostro favore.
Il pericolo maggiore di aver in comitiva delle
persone scordinate come me e Laura, è che, procedendo a zigzag, abbiamo quasi
disarcionato gli altri kayak innumerevoli volte. Qualsiasi compagnia
assicurativa, se ci avesse visto, si sarebbe rifiutata di stipulare una polizza
assicurativa a vita, e ci avrebbe anche inserito nella sua lista nera.
Dopo aver attraccato alla riva di Baitoni, che è
il punto superiore del lago, ci siamo concessi una pausa per bere un po’ di
acqua, fare il bagno e goderci la vista di Idro.
Il percorso verso la seconda tappa è stato il più problematico per alcuni motivi pratici.
Oltre al sole che picchiava peggio di
un fabbro che ha appena saputo di dover fare gli straordinari di venerdì
pomeriggio (era ormai mezzogiorno), il venticello si era un pochino più
intensificato e soffiava nella direzione contraria a quella verso cui dovevamo
pagaiare. La maggior parte della comitiva si è distaccata da me e Laura e da
Marco e Stefano. Si è persa quella che Piero Angela, in una puntata di
SuperQuark, chiamerebbe una tranquilla lite tra fratelli. Persino i pesci sono
ammutoliti e sono affiorati in superficie per godersi lo spettacolo. D’altronde
è comprensibile: "Fratelli e sorelle sono
nemici per natura, come gli inglesi e gli scozzesi, o
i gallesi e gli scozzesi, o i giapponesi e
gli scozzesi o gli scozzesi e altri scozzesi!
Dannati scozzesi, hanno distrutto la Scozia!" direbbe Willy il
giardiniere.
Una volta scesi sulla spiaggia di Vesta, abbiamo
pranzato sotto un sole cocente che ci ha cotto per bene i panini.
Esattamente come le automobili hanno bisogno del carburante per funzionare,
gran parte di noi ha sentito il bisogno di fare rifornimento di birra al
baretto lì vicino. La birra, in momenti come questi, serve per rinfrescarsi le
idee e riuscire a risolvere complessi dilemmi esistenziali che colpiscono i
canottieri, quali: “I pesci bevono?”, oppure “I pesci pensano che ci sia
un’eclissi solare quando navighiamo sopra di loro?”. La sosta è durata un po’
di più su questa spiaggetta anche per avere il tempo necessario di abbronzare
la panza. Laura e Elena hanno pensato bene di costruire una complessa
costruzione architettonica per ripararsi dal sole, della serie: “piramide di
Cheope, levati!”, come si può vedere dalla foto.
Il pomeriggio stava procedendo tranquillo, finché
è giunto il momento di riprendere in mano la pagaia e continuare il percorso.
L’ultima tappa in programma era Vantone, ma per
convenienza di orario abbiamo preferito virare all’ultimo verso Anfo. Qualche
coppia, però, è cambiata, come ad esempio la mia. Io ho scelto Jacopo come
compagno di pagaiata, mentre Laura è andata con Marta. (Marta, se anche tu hai
avuto l’impulso di colpirla con la pagaia, ti capisco benissimo. Hai tutta la
mia solidarietà). Io e Jacopo siamo stati attentamente studiati dalla Swatch
per riuscire a sottrarci i segreti sulla sincronia da applicare ai loro
orologi. Eravamo davvero precisi, non sto scherzando. E lo sono stati anche gli
altri ragazzi e ragazze con il kayak che procedevano in linea retta.
Per nobile altruismo ci siamo per di più offerti di rimorchiare Elena con il
suo Sup, che era in visibile lotta contro il cinismo spietato della corrente
che la spingeva in direzione contraria :-D. Dopo qualche centinaio di metri si
è slegata da noi e ha proseguito la rimanente distanza con Dario, anche lui
vittima della stessa sorte.
Sarà stato per il caldo torrido, la faccia
grondante di sudore e le scottature che abbiamo deciso di rientrare alla base.
Ad Anfo, dopo aver riconsegnato il materiale preso
in prestito, ci siamo rilassati praticando yoga sotto la guida di Alice
all’ombra degli alberi. Le varie posizioni sembravano inizialmente
compromettere le articolazioni dei più vecchi del gruppo, ma alla fine, questi
ultimi sono riusciti a dimostrare di avere tenacia da vendere. Nessuna
ambulanza è stata chiamata.
La lezione di yoga ha rinforzato la sintonia tra
noi e l’ambiente circostante.
Il momento clou del tardo pomeriggio, tanto atteso quanto necessario, è
finalmente arrivato: il secondo rifornimento al bar della giornata, conosciuto
anche come aperitivo, con l’annesso festeggiamento del compleanno di Elisa per
i suoi 27 anni. Però, al posto di sederci ai tavolini del bar, abbiamo
preferito sederci spartanamente per terra sulla spiaggetta.
Non potevano mancare ovviamente due boccali di
spritz e campari da dividere in gruppo, accompagnati da stuzzichini portati da
casa. In una situazione come questa abbiamo inoltre appreso che i bambini
(tedeschi? Olandesi?) sperduti non si lasciano facilmente attrarre dalle patatine
o dai tarallini offerti dagli sconosciuti, pur sembrando noi delle brave
persone. La temperatura è calata via via che il sole è tramontato dietro la
montagna, lasciandoci così la temperatura adatta per goderci il clima tiepido
del lago all’imbrunire.
Fattasi una certa ora ci siamo salutati e dati
appuntamento per la prossima gita.
CARLO