lunedì 26 giugno 2017

Palate di palle presso le Pale di San Martino




 Presentazioni

I protagonisti 


Andrea Corti detto Mario
Chiara Corti detta Gigia
Federica Corti detta Fe
Chiara Vellani detta Chiara (è perfetta così, e nessuno mi ha costretto a dirlo)
Francesco Lodolo detto Fra
Francesco Navoni detto Fra
Francesca Ricci detta Fra
Loris Battilana detto Il Bello
Arianna Trabattoni detta Ari
Luca Cambiaghi detto Luchino
Susanna Panariti detta Siusi
Marco Piatti detto Mark
Stefano Riva detto Ste
Ernesto Giussani detto Ernest
Chiara Brambilla detta Bramba
Annarosa Carbonelli detta Bruga
Lorenzo Cremonesi detto Enzo
Barbara Canali detta Babi
Claudio Piccinni detto Claudiano il Terun
Gabriele Zuffetti detto Zuffe
Daniele Cambiaghi detto Danielo
Sergio Minelli detto Sean
Andrea Catalano detto Simo
Davide Castagna detto Cotoletta
Clara detta Clara
Sara detta Sara
Marta detta Marta
I due Molisani
Santino
Qualcuno-Che-Ho-Dimenticato-E-Che-Mi-Farà-Senza-Dubbio-Sentire-In-Colpa

Le location


San Martino di Castrozza - prima notte, secondo giorno
Tonadico - parcheggio macchine
Rifugio Pradidali - tappa pranzo, primo giorno
Rifugio Rosetta - sera primo giorno, seconda notte, seconda mattina

Il tempo atmosferico


Dannatamente soleggiato e torrido - prima mattina, fino al Pradidali
Furbescamente in agguato, pisciante ora sì ora no - dal Pradidali al Rosetta
Benevolo ma in procinto di - serata al Rosetta
Grande Giove - la notte al Rosetta
Il tristo mietitore di speranze, intento a tossire e scatarrare - mattina al Rosetta
Malevolo ma in procinto di - discesa dal Rosetta
Il ritorno di Helios - ultimo pomeriggio

Guest star


Argo, ingombrante nella sua assenza
Il Mulafono, Terrore dei rifugisti
Il Drago, che non necessita di effetti speciali per essere introdotto





Atto I - L'adunata dell'Orda


Sono le 19.00 di venerdì. La temperatura esterna non frigge le uova, le fa evaporare direttamente in scoregge bianche e rosse.

La Fe, che ha preparato i bagagli seguendo liste dettagliate, allarmi sul cellulare e ammonimenti su post it per due settimane, è in ritardo. Io, dopo aver preparato tutto nella scorsa mezz'ora, mi accingo a tentare di velocizzare il processo ricordandole come la Gigia sia ad aspettarci sotto il tiepido sole primaverile a qualche via di distanza. Vinco uno sguardo solforico e un'ulteriore attesa di 10 minuti per gli insulti.

Carichiamo la Gigia e con tutta la calma concessa dai 50 gradi umidi ci accingiamo a recuperare Mark, Siusi e Marta. I tre sono ovviamente in orario, ma purtroppo ci tocca aspettare più di mezz'ora perché Mark deve clonare la mia C3 in una sua versione migliorata. Riuscito con successo nell'impresa, ci concede di partire.

Ore 22.00. Un tentativo della Fe di sottovalutare la temperatura esterna ci regala 10 minuti di miseria in umido. La strada è a curve, avanziamo felpati a 20 all'ora dietro a un coglione dotato di Golf bianca ma sprovvisto della capacità di curvare in movimento. Superatolo, io e Mark ci lanciamo in prodezze che deliziano le 4 donne a bordo dei due bolidi Citroen. 

Ore 23.15. Le stanze del Residence sono splendide. Hanno anche i letti su misura: giuro che tra le pareti e i bordi inferiore e superiore del matrimoniale non passa neanche una carta di credito. Sento Chiara al telefono, che è stranamente in ritardo. Stupito dalla cosa, mi addormento tra un dubbio e l'altro. Mi sveglio quasi un'ora dopo, la accolgo, la abbraccio, dormo. In piedi sulla porta.

Ore 7.30 di sabato. Temperatura che permette finalmente il contatto umano senza la familiare sensazione di profondo disgusto. Scendo nella hall del Residence, dove vengo accolto da applausi, inni e hip-hip-hurrà. In un angolo c'è anche chi mi sta costruendo una statua: sono riuscito a far scendere Chiara in orario perfetto. Perdiamo poi un'ora per la colazione dei membri non-Corti della compagnia. Estote Parati sto cazzo, se gli altri non conoscono vergogna.

Ore 9.00. Ci ricongiungiamo con gli altri Muli, passando per un paesino le cui vocali godono della proprietà commutativa (pronuncio in sequenza Todinaco, Tocodina, Tonacodi). Appello di Danielo, invocazione dei Santi, amenità. Saluto con una lacrimuccia il Drago, che per rispetto dei rischi di incendio in quota preferisco lasciare a valle. Mi manca già.

Atto II - Il calvario, il bivio, la scelta. La giusta retribuzione


Ore 11.40. Arrivo al Pradidali camminando sulla lingua, inseguendo il Cotoletta fresco e pimpante. La temperatura, costantemente al di sopra dei 40 gradi percepiti durante tutta l'ascensione, crolla improvvisamente di venti tacche. Si leva un vento poco incline a perdonare gli stolti in procinto di cambiar maglietta. Incredibilmente, il mio intestino sopravvive senza perdite.


L'arrivo della Siusi un'ora dopo gli altri, stupenda nel suo pallore pieno di vita, segna un effimero ricongiungimento del gruppo. La questione rimane sospesa nell'aria: ferrata o non ferrata?
Dopo aver consultato gli auspici, più affidabili dei consigli della rifugista, Fra (non importa quale, ma è un uomo) annuncia la fattibilità di una ferrata più corta e leva la sua bandiera. Alcuni stolti si affannano intorno al fallace stendardo. Io non ci casco.







Ore 13.30. Si riparte alla volta del Rosetta. Lungo la strada da novello Mosè guido un gruppo di pecorelle sperdute sulla retta via, supero nevai impossibili, scavalco sassi immensi e do il 110% nel tentativo di superare la salita incontrastato. Ma non c'è nulla da fare: un rombo di tuono annuncia la mia disfatta, innescando un processo alchemico nel fisico dell'Ari tale da concederle lo scatto di Bolt e la capacità polmonare di Pelizzari. Quando io e la Gigia arriviamo al rifugio, ore 15.40, l'Ari ci attende sorridendo dietro una tazza di the.


Ore successive, fino alle 17.00. La nebbia copre l'orizzonte, mentre io e Gervasoni facciamo sacro voto di non toccare birra fino all'arrivo delle rispettive partner. Facile per lui, che ha già in corpo abbastanza alcool da stordire una marmotta.



Un gruppo dietro l'altro, tutti si avvicinano all'ovile. Il sorriso di Luchino dopo la ferrata mi apre il cuore: Chiara non è morta, contro ogni ragionevole aspettativa. Dopo la coppia di Nazgul mascherati dal Bello e Enzo finalmente arrivano anche gli ultimi. Posso infine concedermi una cervogia.


Atto III - Notte da Leoni di Montagna


Ore 18.30. Diverse birre dopo, ci sediamo intorno ai tavoli. Ancora stupiti dalla gentilissima accoglienza dei rifugisti, che addirittura decidono di aprirci le toilettes, ci interroghiamo sul contenuto del sicuramente splendido pasto serale incluso nel prezzo concordato. Non rimaniamo delusi: acqua e vino, esclusi dall'imperdibile offerta, sono molto economici, e possiamo scegliere tra spaghetti scotti al sugo Eurospin freddo, zuppa con pezzi di verdura incolore e l'abbondante minestrone. Il secondo calma anche gli appetiti più voraci, e il dessert... e il dessert non c'è.

Ore 22.00. Gli occhi socchiusi di Zuffe raccontano una serata all'insegna del placido relax, seduti compostamente attorno ad un tavolo come tanti simpatici vecchietti tedeschi. Ai moderati assaggi di leggere grappe della zona fanno seguito alcune birrette, qualche fiaschetta, qualche sigaro, qualche fiaschetta, qualche birretta, qualche grappino, qualche vinello, qualche fiaschetta, qualche canto, qualche grido, qualche battesimo, qualche birretta, qualche grappino, qualche canto col Mulafono, qualche grido col Mulafono, qualche ultimo grappino.




Data la nostra comprovata virtù e morigeratezza, i simpatici e disponibili gestori prolungano di qualche secondo il coprifuoco stabilito. Per dimostrarsi riconoscente, alcuni simpatici guasconi del gruppo decidono di festeggiare nei corridoi e nelle stanze.

Atto IV - La triste verità del dì di festa


Ore 7.00 di domenica. Ora di colazione, siamo tutti pimpanti e attivi, gasati dalla cortina di pioggia che si intravede attraverso la nebbia fuori dalle finestre. La colazione prevede una tazza di the o caffelatte (una), un pacco di biscotti (plurale usato in maniera indebita, due), pane sicuramente portato a spalla dalla vicina San Martino e marmellata industrialmente genuina.

Al momento di pagare l'intero servizio, il gestore decide di mandare alle ortiche i sotterfugi e indossa direttamente la mascherina della Banda Bassotti. Amo la gente onesta, anche quando mi deruba.

A seguire giochi di carte e di società. Riesco a tenere nascosta a tutti la mia competitività, furbescamente evitando di vincere troppo spesso e attirare così l'attenzione. Agli altri tavoli iniziano a parlare di cose come "Ora di scendere" e "Tra poco c'è la funivia", ma io non ho tempo da perdere: devo falciare innocenti contadini o impiccare lupi incapaci, le cose meno serie le lascio ai perdenti.

Ore 10.55. Il solito simpatico rifugista annuncia l'arrivo della funivia alle 11.00, per cui con tutta la calma possibile ci dirigiamo ordinatamente a prendere la gondola. Pochi coraggiosi decidono per la discesa a piedi: scolpisco in gran segreto i loro nomi su di una lastra di pietra, così che la loro memoria non vada perduta. Anche gli sciocchi meritano il paradiso (Mario, cap. 87,  vers. 65).


Ore dalle 11.30 a quando mi sono rotto i coglioni. Arrivati a valle, facciamo la spola per riportare le macchine dal posto sillaboso a San Martino. Tutte tranne quella di Sean: ha un'assicurazione farlocca, e non voglio dovermene tornare in Nuova Zelanda per non pagare il probabile incidente.

Amenità, alcool, amenità, gelato, svacco. La mia ben nota tolleranza per i grossi gruppi si assottiglia fino a trasformarsi in fastidio generico verso le altre persone, l'essere umano e il Creato intero. Mentre tutti si godono un momento di relax io scalpito, mi lamento con le sorelle e lancio sguardi assassini invisibili dietro ai miei occhiali da sole modello Blind Man 1875.

Ore da quando mi sono rotto i coglioni in poi. Saluto in fretta e furia, trascino le sisterz, Chiara e la Babi verso le macchine, impermeabile alla mia stessa cafonaggine. Accendo la macchina e parto tranquillo verso casa.

Tiro un sospiro di sollievo per l'agognata solutudine, me ne pento dopo poco: amo la Mula e le sue avventure. Whatsappo  Luchino e Danielo per il permesso di scrivere l'articolo, lo ottengo, sorrido. 


Ore 1.57 di martedì notte, scrivo queste parole, schiaccio pubblica e vi lascio giudicare. Non siate (troppo) severi, viva la Mula, viva la Figa.



lunedì 12 giugno 2017

Sulle orme degli eroi

11/6/2017
Sulle orme degli eroi

Pochi lo sanno, ma parte del percorso su cui si è svolta la Ciclomulata® 2017 è strada d'autore: sapientemente, infatti, nell'elaborazione del percorso i nostri Matteo Bodini, detto Bod/Bauda, e Alessandro Sommo, detto il Sommo (ma non disdegna nemmeno essere chiamato l'Altissimo o l'Eccelso) hanno ripescato alcuni tratti della Ducale di Vigevano, una mitica gara che celebra gli antichi fasti del ciclismo d'antan.


Alla fine ai nastri di partenza eravamo in venticinque!! ritrovo per tutti a Porta Genova, treno per Vigevano et voilà: eccoci in un batter d'occhio ad animare una Piazza Ducale che non aspettava altri che noi!!!


A dire il vero aspettava anche un raduno di Mini ma noi eravamo senz'altro più interessanti!! Rapida colazione,  ultimi check up alle bici e, fatto l'appello che non può mancare in ogni evento M.u.l.a., siamo in sella verso la campagna!!


Ad allietarci c'è il Mulafono, che dall'Ouverture di Primavera, passando di mano in mano, ci tiene compagnia, segnala la nostra presenza agli autoctoni, diffonde nell'aere canzoni di alto livello musicale e persino letterario e dà avvisi tecnici ai partecipanti.


Procediamo compatti, i Santi ci assistono: non solo la giornata è meravigliosa, fa caldo (qualcuno dice persino troppo ma.. è l'estate, bellezza, e il caldo ci sta tutto!!) e la natura è rigogliosa, di un verde che - a tratti - si spinge fino allo smeraldo, ma soprattutto nessuno buca o ha guasti di sorta. Solo il Castagna, detto il Casta o il Cotoletta (soprannome che in realtà ha inventato lui per beffarsi dei milanesi ma che gli è tornato indietro come un boomerang), nei primi chilometri ha un piccolo intoppo con la catena della sua mtb...ma d'altronde erano vent'anni che non la tirava fuori dalla cantina: la poverina aveva ben diritto ad essere un po' indisposta!


In tarda mattinata giungiamo ad una fontana in un luogo imprecisato dove sostiamo brevemente per riempire le borracce e reidratarci. Ovviamente, come ogni sosta che si rispetti, finisce a gavettonate, con Arianna che rischia di finire dentro la vasca a causa di un calapony desideroso di offrirle un po' di refrigerio...


Proseguiamo, fra cori e canzoni verso il ponte di barche di Bereguardo che ci permette di guadare il Ticino senza bagnarci le ruote....


lo superiamo in scioltezza, e subito dopo, scatta il gran premio della montagna che vede un po' di bagarre per alcune auto che rovinano l'effetto sorpresa cercato dai fuggitivi.




Continuiamo, la stanchezza inizia a farsi sentire e nei pressi dell'ennesimo sterrato beneducato (così beneducato che anche le bici da corsa vi sono passate indenni), Bod a mo' di incoraggiamento annuncia al suo termine la presenza di una fontana... e che fontana! Siamo nella frazione di Zelata, che dal 1982 non vedeva la presenza di tante persone in una sola volta, amena località nel parco del Ticino popolata da abitanti 5, di cui ultraottantenni 3. I quali cortesemente ci invitano ad accomodarci lontano da dove stanno poltrendo in attesa che la calura molli la presa (Sì sì, c'è un bar là in fondo dopo la curva, ci sono delle panchine oltre il parco giochi...).

Finalmente ha luogo il banchetto degli Dei, un po' più frugale del solito, ché in bicicletta il bagagliaio non c'è e gli zainetti non sono quelli da montagna, ma sempre soddisfacente!!


E quando tutti pensano di poter godere di un po' di riposo all'ombra degli alberi della piazza, scatta il contest "Rifornimento all'ammiraglia": quante borracce riesci a portare sul tuo corpo senza smettere di pedalare? E se ad ogni giro della piazza qualcuno ti prende a gavettoni? Delirio assicurato...Anna dà subito il buon esempio sia come concorrente sia come cecchino (per il secondo ruolo è candidata all'oscar nella categoria "gavettoni e violenza"). Ma anche nel primo se la gioca bene, pur partendo avvantaggiata in quanto provvista di dieci tette e quindi di altrettante cavità supplementari da usarsi come portaborracce. La sfida è lanciata, la gara si fa sempre più agonistica tanto che attiriamo anche l'attenzione del pubblico locale: come sempre accade, la Mula dà spettacolo ed anima borghi altrimenti sonnolenti e dimenticati.





Alla fine, bagnati fradici come se non ci fosse un domani, ci rimettiamo in sella alla volta di Morimondo, perché l'aspetto culturale nelle nostre uscite non manca mai! Per arrivarci percorriamo la famosa statale 526, cantata da Max Pezzali in "Un giorno così": di nuovo la qualità della scelta del percorso si commenta da sola!! All'abbazia approfittiamo della nuova sosta per premiare Clara e il Casta, alias il Cotoletta, con due maglie tecniche da bici per le performance ottenute nel contest. Alla prossima Ciclomulata® ci mostreranno come avranno personalizzato il loro premio, con toppa Mula o con quello che vorranno!!


I chilometri,  ma soprattutto le ore dell'orologio scorrono! Ci rimettiamo ancora una volta in sella, destinazione Abbiategrasso. E qui Zucco ci regala una delle sue perle: "ma scusate, perché prendere il treno? io prendo il metrò". Vai Zucco!!!!!
Fatti i biglietti abbiamo tempo per un gelato prima di salire sul treno. A Milano ci salutiamo: i Lecchesi hanno fretta di raggiungere Porta Garibaldi per non perdere la coincidenza, i Cernuschesi devono andare a votare prima che i seggi chiudano, qualche irriducibile rincasa in bici....

A questo punto dovrei scrivere le solite cose tipo che alle uscite Mula ci si diverte un casino, si va sempre in posti meravigliosi, che la Mula è gioia, allegria, bellezza di stare insieme e condividere tutto. Ma sarebbe troppo riduttivo. Solo mettendosi in gioco, solo non prendendosi troppo sul serio, solo partecipando si possono comprendere queste cose. Per cui....arrivederci alla due giorni in Dolomiti, prossimo evento in cantiere, e sempre

W la Mula
W il Presidente
W le gavettonate abbomba di Annarosa
W noi!!


Piter