Il Monte Resegone, imponente castello di dolomia e calcare,
si staglia maestoso al di sopra di Lecco, proteggendo la città con le sue merlate
naturali dal profilo inconfondibile. L'intreccio di sentieri sulle sue pendici
lo rende meta di famiglie, camminatori e alpinisti di ogni genere, persino di
maratoneti. Strano che con delle credenziali simili non ci fossi mai salito:
eppure le circostanze dicono così. Non mi piace andare in montagna da solo ed
ogni volta che qualche amico o parente ci era andato, c'era stato qualche
motivo per non poter partecipare. Fino al 19 marzo 2016, quando, con i gemelli
diversi Daniele e Luca Cambiaghi, miei soci nella M.u.l.a., abbiamo portato le
nostre terga fin sulla nobile vetta, citata persino da Manzoni e Carducci.
Ma
andiamo per ordine. La proposta arriva un po' in sordina già lunedì scorso, e
non è una proposta qualunque: Dani e Luchino vogliono risalire un canalone, la
cosa sembra seria! Ancora memore della faticata nella neve fresca dell'Alpe di
Lendine, istintivamente penso che lascerò perdere, anche perché, quasi nello
stesso momento, Anna propone una bella e più rilassante ciaspolata in Engadina
per il giorno seguente. Così, per tutta la settimana mi godo l'idea di un sabato
a zonzo in moto seguito da un'abbronzatura domenicale al sole delle Alpi
svizzere. Eppure... il tarlo insinuato da Danielo deve aver lavorato sodo
sottocoperta perché venerdì pomeriggio, prima che potessi rendermene conto, la
mano stava già scrivendo sul cellulare "Ueh Dani, domani tu e Liuk fate il
Resegone?". Verso sera arriva la conferma e partono i preparativi. Decido
che questa volta la sveglia alle 4.30 non la prenderò sottogamba: niente birra
con gli amici e a letto presto. Controllo gli scarponi, spolvero la piccozza,
Dani dice di portare anche l'imbrago che non si sa mai, ma mi manca il casco (per
fortuna il buon Merlo mi presta il suo), i ramponi li ho...c'è tutto. Leggo in
internet la relazione sul canalone Comera: si parla di pendenze fino a 45 gradi
ma dalle foto non sembra così estremo. Vado a dormire tranquillo.
La sveglia mi coglie già con gli occhi aperti. Un caffè, un
po' d'acqua e un paio di banane nello zaino e sono pronto. Alle 5.30 sono sotto
casa dei gemelli: ci chiediamo come ci vengano in mente certe idee ma lo
sappiamo già. Prendiamo la macchina di Luchino e partiamo. Tappa obbligata al
Big Bar di Calco e alle 6.45 siamo al parcheggio della funivia che porta ai
piani d'Erna. Prima dello scoccare delle 7 siamo in cammino. Sentiero numero 1,
direzione vetta. La salita nel bosco è piacevole, la temperatura perfetta. Camminiamo
di buon passo ma senza fretta. Man mano che saliamo di quota ammiriamo il
panorama sui laghi sottostanti, su Lecco e Valmadrera, sul monte Barro e poi
giù verso la pianura. Non c'è foschia, tutto è di una nitidezza impressionante.
Il sentiero porta
prima al rifugio Stoppani e poi piega sempre più verso destra finendo proprio
in grembo al Resegone regalando l'impressione che la montagna ci avvolga in un
gigantesco abbraccio.
E poi, eccolo il Comera! Dietro a una svolta, intenzionati anche loro a risalire il canalone, due ragazzi si stanno mettendo i ramponi. Li imitiamo e intanto li teniamo d'occhio per vedere da quale lato intendono tracciare la via. Dopo poco, però, li vediamo fermarsi e retrocedere. Dani urla loro come mai scendono. Risposta: non è la via giusta. Tocca a noi. Cerchiamo di individuare una via d'attacco migliore. Dani e Luchino si alternano nel tracciare la direzione. Anche noi siamo un po' in difficoltà: il canalone è "slavinato", non è semplice capire dove andare.
Nella mia ignoranza pensavo che per risalire un canalone
bastasse tirare dritto verso l'alto ma non è così semplice. E' qui che ci
raggiunge la signora Annarosa (e questa è l'ultima volta che la chiamo
"signora" perché vuole che le si dia del tu, lasciando perdere gli
appellativi), un'alpinista solitaria che, malgrado la non più verdissima età, ne
ha più di me sia in termini di allenamento, di energia e, naturalmente, di
esperienza. Annarosa è arrivata da Saronno armata di piccozza e ramponi ed ha
le nostre stesse intenzioni. Conosce il canalone ma da sola non si fida troppo.
Le condizioni della neve non lo rendono molto appetibile. Così, come per magia,
complice anche la naturale socievolezza di Daniele che ci presenta e le chiede
il suo nome, il ghiaccio è rotto e da quel momento formiamo un unico gruppo.
Annarosa, dicevo, conosce la via, ci aiuta ad orientarci e a darci la
direzione. In cambio, Danielo e Luchino (soprattutto Luchino) tracciano la via
rendendo meno faticosa l'ascesa per chi segue. Che fatica però! La pendenza è
più che notevole: saliamo quasi a carponi, in punta di rampone. Ad ogni passo
conficco la mia piccozza nel ghiaccio e mi tiro su.
I miei compagni di salita
sono poco più avanti. Sento Annarosa che dice loro di aspettarmi: il fatto è
che, oltre a non essere in forma come loro, ho commesso una grossa leggerezza
con i ramponi, portando per errore la coppia di una misura più lunga che avevo
prestato una volta ad un amico. Troppo tardi per regolarli: ci vuole la chiave
a brugola e nello zaino non ce l'ho. Così ogni due minuti devo sistemarli a
colpi di piccozza. Poi a un certo punto finisco con mezza gamba in una buca e
non riesco a estrarre il piede! Che cinema...per fortuna che, di nuovo,
Annarosa mi dà una mano a scavare finché riesco a liberarmi. Intanto Luchino, ragnetto
di Cernusco, presa la guida del gruppo, continua impavido a tracciare la via.
Ma dove la trova tutta questa energia, leggerezza ed agilità? La stessa
domanda, in realtà, me la pongo anche nei confronti di Annarosa, poi mi
concentro su di me e riprendo a salire.
Ogni tanto, seguendo il consiglio di Dani, mi volto indietro
e osservo il panorama sotto di me. Il canalone che sembra verticale, il lago,
il Barro...meraviglioso. Sento le dita dei piedi gelate: meglio muoversi. Il
tempo sembra fermo. Non so dire quanto tempo ci siamo stati dentro, forse
un'ora e mezza, non lo so...ricordo di non aver mai guardato l'ora. Ricordo
invece il silenzio, rotto solo dalle voci dei miei amici e il ritmo del mio
respiro. Metro dopo metro avanziamo verso quello che sembra lo sbocco del
canalone, ed ecco l'uscita! Arrivati in cresta pieghiamo a destra e, risalendo
l'ultimo "panettone", ecco che improvvisamente il sole - fino ad
allora nascosto dal versante - mi investe di colpo, in un tripudio di luce. Ad
aspettarmi, prima di fare gli ultimi passi fino alla croce, ormai a portata di
mano, ci sono Luchino, Dani e Annarosa. Ci congratuliamo gli uni con gli altri:
se ce l'abbiamo fatta è stato perché ciascuno di noi ha dato il suo apporto di
conoscenza, esperienza ed energia. Sono le 10.45: un quarto d'ora in più di
quanto preventivato. 3h45' per 1400 metri di dislivello. Annarosa non si
trattiene molto in cima: il tempo di fare una foto con noi e si congeda
augurandoci di poter andare a lungo e in sicurezza in montagna. Prima però le
lasciamo il nostro adesivo M.u.l.a. con l'indirizzo del blog per poter rivivere
questa piccola ma bella avventura di condivisione.
Poi ci concediamo quasi un'ora e mezza di relax in vetta: fa
caldo e non c'è vento, tanto che si sta bene anche solo in maglietta.
Il panorama, l'ho già detto, è unico ma dobbiamo iniziare a
pensare alla discesa.
Li inseguiamo per non perderli di vista e ritroviamo la traccia buona. Facciamo però in tempo ad assistere a una piccola scarica di neve lungo un canalone secondario, segno che il disgelo è davvero avviato. Da qui in poi nient'altro da segnalare. La lotta fra la neve e il prato si fa presto impari: sempre più ampie porzioni di erba affiorano fra la neve che si scioglie in mille rivoli, impregnando il terreno. Le mie ginocchia sono doloranti, il sentiero, ridivenuto solido e sassoso, è meno amico di quanto lo era stato in salita. Ma l'umore è alto, siamo contenti tutti e tre! Finalmente arriviamo al parcheggio...senza nemmeno cambiarci gli scarponi decidiamo di prenderci una radler al bar della funivia e di brindare al successo dell'impresa. Siamo seduti al tavolino e mi accorgo che, manco a dirlo, è il numero 1, come il sentiero percorso e come unica è stata questa giornata coi miei amici gemelli.
Il rientro a Cernusco è rapido, come rapidi ma sinceri i
saluti con Liuk e Dani. Annarosa (questa
volta Carbonelli) sollecita la mia partecipazione alla ciaspolata
dell'indomani, cercando di lusingarmi con la promessa della nomina a "Mulo
d'oro" ma a malincuore devo rinunciare. Alle 20.30 sono già nel letto...
ho dormito 13 ore filate!!
W la M.u.l.a.!
W l'Annarosa da Saronno, socia onorifica M.u.l.a.!
W il Presidente!
W la Radler!
W noi!
Le Annarose sono sempre le migliori!
RispondiEliminaGrandissimi ragazzi! ;)
Annarosa da Santa Maria Hoè
Complimenti x la missione. Davvero un racconto entusiasmante.
RispondiEliminaUna bella fortuna la signora Annarosa,Santa di nome e di FATTO
E' stata una bella salita!!
RispondiEliminaIl canalone è una situazione surreale!!
Davvero si perde cognizione del tempo....
Da rifare in solitaria.