lunedì 21 marzo 2016

Resegone! Comera e com'è...

Il Monte Resegone, imponente castello di dolomia e calcare, si staglia maestoso al di sopra di Lecco, proteggendo la città con le sue merlate naturali dal profilo inconfondibile. L'intreccio di sentieri sulle sue pendici lo rende meta di famiglie, camminatori e alpinisti di ogni genere, persino di maratoneti. Strano che con delle credenziali simili non ci fossi mai salito: eppure le circostanze dicono così. Non mi piace andare in montagna da solo ed ogni volta che qualche amico o parente ci era andato, c'era stato qualche motivo per non poter partecipare. Fino al 19 marzo 2016, quando, con i gemelli diversi Daniele e Luca Cambiaghi, miei soci nella M.u.l.a., abbiamo portato le nostre terga fin sulla nobile vetta, citata persino da Manzoni e Carducci.

Ma andiamo per ordine. La proposta arriva un po' in sordina già lunedì scorso, e non è una proposta qualunque: Dani e Luchino vogliono risalire un canalone, la cosa sembra seria! Ancora memore della faticata nella neve fresca dell'Alpe di Lendine, istintivamente penso che lascerò perdere, anche perché, quasi nello stesso momento, Anna propone una bella e più rilassante ciaspolata in Engadina per il giorno seguente. Così, per tutta la settimana mi godo l'idea di un sabato a zonzo in moto seguito da un'abbronzatura domenicale al sole delle Alpi svizzere. Eppure... il tarlo insinuato da Danielo deve aver lavorato sodo sottocoperta perché venerdì pomeriggio, prima che potessi rendermene conto, la mano stava già scrivendo sul cellulare "Ueh Dani, domani tu e Liuk fate il Resegone?". Verso sera arriva la conferma e partono i preparativi. Decido che questa volta la sveglia alle 4.30 non la prenderò sottogamba: niente birra con gli amici e a letto presto. Controllo gli scarponi, spolvero la piccozza, Dani dice di portare anche l'imbrago che non si sa mai, ma mi manca il casco (per fortuna il buon Merlo mi presta il suo), i ramponi li ho...c'è tutto. Leggo in internet la relazione sul canalone Comera: si parla di pendenze fino a 45 gradi ma dalle foto non sembra così estremo. Vado a dormire tranquillo.

La sveglia mi coglie già con gli occhi aperti. Un caffè, un po' d'acqua e un paio di banane nello zaino e sono pronto. Alle 5.30 sono sotto casa dei gemelli: ci chiediamo come ci vengano in mente certe idee ma lo sappiamo già. Prendiamo la macchina di Luchino e partiamo. Tappa obbligata al Big Bar di Calco e alle 6.45 siamo al parcheggio della funivia che porta ai piani d'Erna. Prima dello scoccare delle 7 siamo in cammino. Sentiero numero 1, direzione vetta. La salita nel bosco è piacevole, la temperatura perfetta. Camminiamo di buon passo ma senza fretta. Man mano che saliamo di quota ammiriamo il panorama sui laghi sottostanti, su Lecco e Valmadrera, sul monte Barro e poi giù verso la pianura. Non c'è foschia, tutto è di una nitidezza impressionante.

Il sentiero porta prima al rifugio Stoppani e poi piega sempre più verso destra finendo proprio in grembo al Resegone regalando l'impressione che la montagna ci avvolga in un gigantesco abbraccio.

E poi, eccolo il Comera! Dietro a una svolta, intenzionati anche loro a risalire il canalone, due ragazzi si stanno mettendo i ramponi. Li imitiamo e intanto li teniamo d'occhio per vedere da quale lato intendono tracciare la via. Dopo poco, però, li vediamo fermarsi e retrocedere. Dani urla loro come mai scendono. Risposta: non è la via giusta. Tocca a noi. Cerchiamo di individuare una via d'attacco migliore. Dani e Luchino si alternano nel tracciare la direzione. Anche noi siamo un po' in difficoltà: il canalone è "slavinato", non è semplice capire dove andare.



Nella mia ignoranza pensavo che per risalire un canalone bastasse tirare dritto verso l'alto ma non è così semplice. E' qui che ci raggiunge la signora Annarosa (e questa è l'ultima volta che la chiamo "signora" perché vuole che le si dia del tu, lasciando perdere gli appellativi), un'alpinista solitaria che, malgrado la non più verdissima età, ne ha più di me sia in termini di allenamento, di energia e, naturalmente, di esperienza. Annarosa è arrivata da Saronno armata di piccozza e ramponi ed ha le nostre stesse intenzioni. Conosce il canalone ma da sola non si fida troppo. Le condizioni della neve non lo rendono molto appetibile. Così, come per magia, complice anche la naturale socievolezza di Daniele che ci presenta e le chiede il suo nome, il ghiaccio è rotto e da quel momento formiamo un unico gruppo. Annarosa, dicevo, conosce la via, ci aiuta ad orientarci e a darci la direzione. In cambio, Danielo e Luchino (soprattutto Luchino) tracciano la via rendendo meno faticosa l'ascesa per chi segue. Che fatica però! La pendenza è più che notevole: saliamo quasi a carponi, in punta di rampone. Ad ogni passo conficco la mia piccozza nel ghiaccio e mi tiro su.






I miei compagni di salita sono poco più avanti. Sento Annarosa che dice loro di aspettarmi: il fatto è che, oltre a non essere in forma come loro, ho commesso una grossa leggerezza con i ramponi, portando per errore la coppia di una misura più lunga che avevo prestato una volta ad un amico. Troppo tardi per regolarli: ci vuole la chiave a brugola e nello zaino non ce l'ho. Così ogni due minuti devo sistemarli a colpi di piccozza. Poi a un certo punto finisco con mezza gamba in una buca e non riesco a estrarre il piede! Che cinema...per fortuna che, di nuovo, Annarosa mi dà una mano a scavare finché riesco a liberarmi. Intanto Luchino, ragnetto di Cernusco, presa la guida del gruppo, continua impavido a tracciare la via. Ma dove la trova tutta questa energia, leggerezza ed agilità? La stessa domanda, in realtà, me la pongo anche nei confronti di Annarosa, poi mi concentro su di me e riprendo a salire.

Ogni tanto, seguendo il consiglio di Dani, mi volto indietro e osservo il panorama sotto di me. Il canalone che sembra verticale, il lago, il Barro...meraviglioso. Sento le dita dei piedi gelate: meglio muoversi. Il tempo sembra fermo. Non so dire quanto tempo ci siamo stati dentro, forse un'ora e mezza, non lo so...ricordo di non aver mai guardato l'ora. Ricordo invece il silenzio, rotto solo dalle voci dei miei amici e il ritmo del mio respiro. Metro dopo metro avanziamo verso quello che sembra lo sbocco del canalone, ed ecco l'uscita! Arrivati in cresta pieghiamo a destra e, risalendo l'ultimo "panettone", ecco che improvvisamente il sole - fino ad allora nascosto dal versante - mi investe di colpo, in un tripudio di luce. Ad aspettarmi, prima di fare gli ultimi passi fino alla croce, ormai a portata di mano, ci sono Luchino, Dani e Annarosa. Ci congratuliamo gli uni con gli altri: se ce l'abbiamo fatta è stato perché ciascuno di noi ha dato il suo apporto di conoscenza, esperienza ed energia. Sono le 10.45: un quarto d'ora in più di quanto preventivato. 3h45' per 1400 metri di dislivello. Annarosa non si trattiene molto in cima: il tempo di fare una foto con noi e si congeda augurandoci di poter andare a lungo e in sicurezza in montagna. Prima però le lasciamo il nostro adesivo M.u.l.a. con l'indirizzo del blog per poter rivivere questa piccola ma bella avventura di condivisione.


Poi ci concediamo quasi un'ora e mezza di relax in vetta: fa caldo e non c'è vento, tanto che si sta bene anche solo in maglietta.

Il panorama, l'ho già detto, è unico ma dobbiamo iniziare a pensare alla discesa.


 Cerchiamo e troviamo la traccia del sentiero 1 nei pressi del vicino rifugio Azzoni e ci avventuriamo verso valle. Seppur non sia minimamente confrontabile con le difficoltà tecniche del canalone, questa discesa in invernale non va sottovalutata. La neve è abbondante ma anche marcia e i punti in cui si è esposti sono molteplici. Spesso non si vede dove si mettono i piedi e il rischio di finire dentro a cespugli coperti di neve è alto.


Luchino si ferisce una mano contro una radice e arrossa la neve con notevole aplomb... Poco dopo vediamo un gruppo di camosci molto sotto di noi, lontano abbastanza perché non ci sentano, brucare indisturbati l'erba primaverile. Noi invece, dannazione, siamo ancora in una neve mezza marcia senza chiare indicazioni sulla direzione da prendere! Incontriamo una coppia straniera che sale, chiediamo loro in inglese se stanno salendo dal sentiero 1 e ci dicono di sì, indicando la sinistra. Li avvisiamo che la neve salendo è pessima e di stare attenti, chiediamo anche da dove pensano di scendere. E' pomeriggio ormai, tardi per salire di lì, e solo lui ha i ramponi. Perplessi, li salutiamo e scendiamo di quota approfittando di un pendio finalmente uniforme ed ampio che ci consente di tuffarci di sedere a rotta di collo come con lo slittino. Momenti di delirio ed euforia! Poi, prendiamo la direzione indicata. Peccato che dopo pochi passi ci troviamo a un punto morto, anzi: a un punto dove noi potevamo morire! Sotto di noi, a strapiombo, uno sbalzo di rocce, e molto (ma molto) più in basso, il bosco. Torniamo sui nostri passi, chiedendoci cosa abbiamo capito delle indicazioni degli inglesi e per fortuna Dani intravede altri due alpinisti che stanno scendendo verso valle, più o meno dove noi eravamo scesi col sedere.



Li inseguiamo per non perderli di vista e ritroviamo la traccia buona. Facciamo però in tempo ad assistere a una piccola scarica di neve lungo un canalone secondario, segno che il disgelo è davvero avviato. Da qui in poi nient'altro da segnalare. La lotta fra la neve e il prato si fa presto impari: sempre più ampie porzioni di erba affiorano fra la neve che si scioglie in mille rivoli, impregnando il terreno. Le mie ginocchia sono doloranti, il sentiero, ridivenuto solido e sassoso, è meno 
amico di quanto lo era stato in salita. Ma l'umore è alto, siamo contenti tutti e tre! Finalmente arriviamo al parcheggio...senza nemmeno cambiarci gli scarponi decidiamo di prenderci una radler al bar della funivia e di brindare al successo dell'impresa. Siamo seduti al tavolino e mi accorgo che, manco a dirlo, è il numero 1, come il sentiero percorso e come unica è stata questa giornata coi miei amici gemelli.

Il rientro a Cernusco è rapido, come rapidi ma sinceri i saluti con Liuk e Dani.  Annarosa (questa volta Carbonelli) sollecita la mia partecipazione alla ciaspolata dell'indomani, cercando di lusingarmi con la promessa della nomina a "Mulo d'oro" ma a malincuore devo rinunciare. Alle 20.30 sono già nel letto... ho dormito 13 ore filate!!

W la M.u.l.a.!
W l'Annarosa da Saronno, socia onorifica M.u.l.a.!
W il Presidente!
W la Radler!
W noi!


Pietro 

3 commenti:

  1. Le Annarose sono sempre le migliori!
    Grandissimi ragazzi! ;)

    Annarosa da Santa Maria Hoè

    RispondiElimina
  2. Complimenti x la missione. Davvero un racconto entusiasmante.
    Una bella fortuna la signora Annarosa,Santa di nome e di FATTO

    RispondiElimina
  3. E' stata una bella salita!!
    Il canalone è una situazione surreale!!
    Davvero si perde cognizione del tempo....
    Da rifare in solitaria.

    RispondiElimina