martedì 26 novembre 2019

Sotto l'acqua e nella neve ai Piani d'Artavaggio, tra battesimi e padelle

Flashback!
La Mula è anche (per fortuna) questo: un gruppo di adulti, gente seria e rispettabile, catapultato indietro di venti – venticinque anni da un po' di neve, da una paletta sotto il sedere e dalla compagnia giusta!

Ma andiamo con ordine, in una giornata che ha fatto registrare diversi eventi degni di nota.
Ritrovo alle otto al parini. Affluenza record: si sa, i muli sono come i vampiri, se per caso ci fosse stato il sole ci saremmo rintanati tutti nelle nostre mulesche dimore. Ma ecco che con pioggia e bufere di neve ci sentiamo subito a nostro agio, e tutti a scalpitare, puntualissimi, ai box di partenza al parini!
Partiamo alla volta di Moggio dopo un'abbondante colazione e dopo aver agguantato il povero Dario Gazzi che, dopo averci vanamente atteso al parcheggio del Parini per venti minuti, ignaro del fatto che il resto della ciurma stesse allegramente gozzovigliando al bar, pensava che fossimo partiti senza di lui e stava per tornare a casa...come se fosse possibile partire senza il nostro fotografo ufficiale! Ah, quasi dimenticavo, prima nota di colore: Alice a fine colazione, di colpo sbianca in volto, rendendosi conto di avere con sé qualunque tipo di attrezzatura alpinistica, meno gli scarponi. Per fortuna però che Fede c'è: recupera un paio di scarponi alla povera Alice e finalmente si parte!
La pioggia è una fedele compagna di viaggio, e ci ha anche fatto l'inattesa (e non certo gradita) sorpresa di aver trasformato un rigagnolo in un fiume in piena. Ma i muli sono coraggiosi: non passa per la mente a nessuno di voltare i tacchi e rinunciare alla meta, così i più intrepidi guadiamo rocambolescamente il neonato Rio dei Piani di Artavaggio e, improvvisatici esperti ingegneri che in confronto quelli del genio civile dei romani nelle guerre puniche erano dei bambini che giocavano coi lego, costruiamo un ponte di legno che permette anche ai più pavidi di guadare il fiume.
Siamo tutti sull'altra sponda, e si riparte alla volta dei Piani di Artavaggio, ansiosi di pestare un pò di neve!
Un paio d'ore di cammino e vediamo finalmente la neve! Il problema è che ad un certo punto comincia a diventare tanta...davvero tanta, bagnata e molle...
Così, cominciamo a sprofondare nella neve quasi fino alla vita, smadonnando per non aver portato un paio di ciaspole e per non aver fatto la scelta che ogni persona sana di mente fa in una domenica di pioggia: stare a casa, davanti al camino!
Tra una bestemmia e un'altra, finalmente riusciamo ad arrivare al rifugio. Ma i muli hanno anche questa caratteristica: sono come i gas, si espandono. In dieci minuti, prendiamo completo possesso del rifugio, trasformandolo né più né meno che in uno dei mega campi rom che tanto cruccio arrecano ai seguaci del capitano, con tanto di calzini e magliette disseminati prepotentemente per tutta la stanza. L’accorato invito di Ste Riva a mantenere una parvenza di civiltà rimane inascoltato, e ormai il degrado urbano nel rifugio è definitivamente sdoganato.
Comincia la festa: felici di essere di nuovo al caldo, pranzo tutti insieme a base di capriolo, pizzoccheri e poi vino, vino, ancora vino…talmente tanto vino che si improvvisa un contest di zone del corpo che mai prima di domenica erano state oggetto di giudizi così accurati (o di un qualsiasi tipo di giudizo), con tanto di dissertazioni ed accese diatribe su forma e dimensione (non pensate male, parlo delle orecchie).
Momento clou post pranzo: battesimo dello scrivente e di Darione Gazzi. La prova è tosta, considerato il clima pessimo e il fatto che avevamo i vestiti ancora bagnati: un tuffo nella neve, in maglietta a maniche corte e a piedi nudi. Ma la voglia di essere dei muli è più forte della brama di tepore; senza farcelo ripetere due volte, usciamo e ci lanciamo senza paura nella neve soffice, sotto lo sguardo attonito del rifugista (unico altro essere vivente ai Piani d'Artavaggio, oltre ad una coppia sommersa dai nostri vestiti bagnati).

Altra nota di colore, che mi vede protagonista e che vorrei tanto che cadesse nell'oblio più totale...Ma so già che non potrà essere così, e che questa perla rimarrà a buon diritto negli annali muleschi (anche perché un'impietosa Fede Corti era testimone, e dubito che deciderà di tenere un atteggiamento omertoso sul punto): con più alcool che sangue nelle vene, decido di mettere una ghetta sopra l'altra (quindi due sulla stessa gamba, perché la ghetta è come il maxibon: two ghettes is meglio che one) e, non contento dell'eroico gesto, vago disperato per il rifugio cercando la seconda ghetta. Mi rendo conto dopo dieci minuti buoni di (ovviamente) infruttuosa ricerca, quando ormai la figura di cacca era fatta e finita, del misfatto.
Finiti pranzo, battesimo, e ritrovata la ghetta “perduta” la regressione temporale ha inizio: spianiamo la neve e, paletta sotto il sedere (talvolta dal lato sbagliato, come nel mio caso), ci lanciamo senza paura giù dai pendii!


I pensieri della settimana li abbiamo lasciati giù a valle, e ci lanciamo leggeri come la neve soffice nella quale ogni tanto ruzzoliamo ridendo; la Mula ti alleggerisce e ti ringiovanisce.

Alla fine, decidiamo di scendere sulle nostre palette, finché c'è neve, tra una battaglia di palle di neve (che quando ti colpiscono in faccia sembrano un pugno di mohammed alì - https://youtu.be/ND9vgqUkRC0) e un agguato a Ste Riva
(per il quale Fede mi aveva arruolato al prezzo di una scatola di cookies, che aspetto da un momento all’altro), felici e soddisfatti della giornata, pronti per cominciare una nuova settimana, con la certezza di aver trascorso la nostra domenica nel miglior modo possibile.


W Sant'Antero che ci ha fatto la grazia di un po' di neve con cui giocare!
W Santa Cunegonda che ci ha accompagnato per tutta la giornata!
W la Mula che neanche sotto l'acqua perde un colpo!


Mulà (il predestinato)

martedì 19 novembre 2019

Drumming Simo...ma ndo stai? Racconto di una domenica al Rif. Elisa e di un Mulo disperso in Grignetta. 10/11/2019

La MULA è sempre una sorpresa. In positivo, non annoia mai. E questa domenica non lo è stata di meno. Dopo qualche giorno di brutto tempo che però ha portato con sé la prima neve ci stava proprio trascorrere un bel weekend in montagna, anche per vedere le cime innevate e avere un primo assaggio della stagione invernale. 
La meta scelta è il rifugio Elisa, punto mai battezzato dai muli e non così alto da rischiare di camminare in un pericoloso primo manto bianco. La partenza è scandalosamente puntuale. Alle 8.20 io, Clara, Paolino Mondrian e Davide Madd ci avviamo verso Mandello dove ci troveremo con la famiglia Corti  (- Andrea/Mario). Tutto benissimo. 


Ma Clara ci fa sapere che tra i partecipanti c'è anche  Drumming Simo. Solo per oggi abbandona il revisionismo storico per la sua amata Grignetta. Ma si può andare al rif. Elisa e sprecare tutta quella montagna che c'è subito lì sopra? Con quella bella neve? Nooooooo! Così il buon Drummin' partirà da Balisio e ci raggiungerà direttamente alla meta scavallando. Molto interessante.



Partiamo carichissimi, non ci facciamo spaventare dalla salita che ci accompagna per tutta la durata della camminata. Ci perdiamo in chiacchiere (chissà se Drummin' è partito), rimaniamo colpiti dai colori del foliage autunnale (speriamo che Drummin' incroci qualcuno che gli faccia compagnia), ammiriamo il panorama che si stende tra lago e montagna (ma guarda quanta neve che c'è lassù...proprio dove sta andando Drummin') e permettiamo al Giorgio di scattare qualche foto (***** il telefono di Drummin' non prende più!!!!). 

  Arriviamo a destinazione felici di aver raggiunto la meta e per me è arrivato il momento di attaccare il mio primo adesivo mulesco. Presi dall'euforia e dal rifugio aperto decidiamo di                     regalarci una buona e freschissima Radler da gustare sui tavolini coperti da neve. Qui l'ingegno si fa sopraffino e ci arrabattiamo per aggirare l'ostacolo di una seduta umida con kway, sacchetti e taglieri (Chiara Corti docet). Ma Drummin'?



Chiacchieriamo, mangiamo, facciamo foto, ci copriamo con qualche strato perché fa freschino, entriamo nel rifugio per bere un caffè e gustarci una bella fetta di torta. Insomma si fa una certa. E Drummin'???
Ed è proprio in questo momento che i SS. Piero e Alberto Angela permettono al loro devoto discepolo di mettersi in contatto con noi per avvertirci che sta arrivando...è solo molto in alto sulla Grignetta, ma massimo mezz'ora e arriva. Tutto tranquillo no? Deve solo rotolare giù e ci siamo. Il coraggioso Davide Madd decide di aspettare al rifugio il mulo disperso permettendo a noi assiderati di cominciare a scendere. 
Ci avviamo con calma prendendoci il tempo per fare altre foto e sostare nei pressi di una casetta per scaldarci con i raggi del sole. Nessuna notizia dei due. Ottimo.
Paolino ha un pò di fretta e ci saluta, noi procediamo tranquilli lungo l'interminabile discesa che, davvero, non finisce mai! 

Le giornate si sono accorciate e il sole comincia a calare. Di nuovo i Santi vengono in nostro soccorso e scopriamo che Drummin' ha raggiunto Madd e che insieme come felini ci stanno raggiungendo. Noi ormai siamo arrivati alle macchine. Io e Clara salutiamo i Corti (- Andrea) e aspettiamo. Proprio quando stiamo per perdere la speranza...vediamo una panchina!!!
Così approfittiamo degli ultimi raggi e mangiamo un pò di cioccolato. 
Non passano neanche due minuti che vediamo arrivare verso di noi due intrepidi muli che con una velocità scandalosa hanno disceso una montagna per non farci aspettare. Drummin' è tra noi! 62 kg di pura gioia. Siamo felici di vederlo tutto intero! Non possiamo aspettare e vogliamo un resoconto di tutte quelle ore di silenzio stampa: "Mah, ho solo fatto la traversata perpendicolare E/W da Balisio...pensavo di tracciare la via del costone degli scudi...non avevo previsto accumuli di neve da oltre un metro e HO FATTO UN PO' TARDI".

Insomma possiamo ringraziare i camosci della Grignetta per avere tracciato una via sicura che ha riportato questo mulo da noi!
W la MULA
W i camosci
W Piero e Alberto Angela
Elena Aondina

martedì 29 ottobre 2019

Monte Alben: un giro...con i fiocchi!

E’ una giornata dalle mille proposte quella di oggi!

Chi fa la ferrata del Medale, chi va al Rosalba, chi va all’Alpe Devero… noi invece decidiamo di andare su una vetta per noi inviolata: il monte Alben, con giro ad anello (+1) nella bergamasca.

Ritrovo 7.30 ad agrate.
Seguendo le indicazioni di un post di Pieroweb mettiamo sul navigatore l’indicazione del passo della Crocetta.
Partiamo quindi io, clara e danielo e, dopo esserci fermati nel tipico bar della bergamasca a fare colazione, giungiamo al passo della crocetta...o almeno quello che credevamo fosse il passo della crocetta.
Non ci quadrano le indicazioni del buon Piero e quindi chiediamo informazioni a dei villici che ci dicono che siamo fuori zona…
Noi non ci capacitiamo molto della cosa…però in effetti l’alben rimaneva lontano…
L’unica soluzione è che google map questa volta abbia fatto cilecca: non eravamo al passo della crocetta.
Ci rimettiamo quindi in moto, mettendo questa volta come indicazione su google map "Conca dell’Alben". Dopo un po’ di strada arriviamo finalmente al punto di partenza giusto. Ore 9.30 ca.
Carichi che finalmente scendiamo dalla macchina, ci prepariamo (Clara con molta calma, quasi come quella di Loris il bello), e ci incamminiamo.
Il sentiero inizialmente è tranquillo e passa in un boschetto, ancora umido dalla notte …

 poi diventa più ripido, e lo sarà fino allo scollinamento.

Da li ci si apre una bellissima valle ampia con dei piccoli laghetti artificiali creati per far bere gli  animali.


Seguendo il sentiero che rimane in cresta arriviamo alla cima della croce.
Da lì ammiriamo il panorama. Bellissimo! Peccato per un po’ di foschia.
Si vede il rosa, le montagne lecchesi, il disgrazia il bernina, l’arera, il grem, la presolana…insomma…un panorama a 360°.
Danielo scrive anche un pensiero sul libro di vetta!


Da li, scendiamo fino alla forcella dove c’è un bivacchino d’emergenza creato nella roccia…molto carino.
Incontriamo una signora che, sicura di se ci dice: "no no…mio marito è nato e vissuto qua… il monte alben è quello la" (riferendosi al monte da dove eravamo appena arrivati).
Noi rimaniamo un po’ perplessi, ma per educazione non le diciamo nulla.
Secondo noi il marito era stufo della moglie e gli ha detto una balla per stare da solo.
Vedendo un cartello alla forcella ci sorge il dubbio che forse il sentiero che abbiamo fatto a salire non era quello che dovevamo fare da programma, ma ormai vediamo la vetta.


Dalla forcella riprendiamo la cresta ed in 3/4 d’ora arriviamo, dopo aver fatto qualche passaggino carino, alla vetta del monte alben.


Da li il panorama è ancora più bello! Vediamo anche il badile ed il cengalo…
Facciamo due chiacchere con la gente in vetta che ovviamente ci fa i complimenti per la maglietta!
Facciamo quindi pubblicità alla Mula.
Banchettiamo un po’ velocemente perchè, avendo cambiato l’ora, non volevamo fare tardissimo. Il buio arriva prima oggi.



Seguendo le indicazioni di Pieroweb scendiamo sulla sinistra per fare il nostro giro ad anello.
Ma qualcosa non ci torna…il sentiero ci fà andare troppo fuoristrada…e fuori zona.


Attendiamo quindi dei ragazzi che erano dietro di noi per avere maggiori informazioni.
Ci segnalano che, se avessimo continuato su quel sentiero, saremmo arrivati a Serina….ci sarebbe stato forse una mezza stradina che riportava sulla retta via, ma non ci siamo fidati.
Le cose sono due: 1) noi siamo un po’ scarsi 2) la prossima volta ci facciamo fare da guida dal Piero.
Non capiamo come diavolo sia riuscito a fare tutto quel lungo giro ad anello.
Seguiamo quindi questi ragazzi che ci fanno scendere nella bella valle che avevamo visto alla mattina, per poi risalire fino alla forcella.
Il giro ad anello sta prendendo un'altra forma…è diventato un giro con i fiocchi! Nel senso che abbiamo fatto praticamente un 8.


Dalla forcella scendiamo verso il sentiero che dovevamo fare in salita.
Scendiamo di buon passo e, tra una chiacchiera e l’altra, arriviamo al “bolide” di clara.
Che dire…Proprio una bella giornata! Calda e con un bel cielo azzurro.
Abbiamo inoltre conquistato una vetta nuova.

Un Giro con i fiocchi che vale +2!
Viva le 1000 proposte!
Viva PieroWeb
Viva la mula
Viva il perdersi
Viva il presidente

Luca

giovedì 24 ottobre 2019

SOCIALMENTE M.U.L.A. 2019

Come molti sapranno,
la M.U.L.A. non è nulla se non un gruppo di gente che sceglie di investire qualche weekend della propria vita per andare a camminare sulle montagne.
Poi certo...Ci sono un sacco di eventi mega fighi,
le magliette, il compleanno, gli adesivi, il blog....

Come molti sapranno la M.U.L.A. non ha alcuno scopro di lucro e le persone che ci mettono testa, cuore, tempo, soldi ed energie per questa cosa lo fanno perche' infondo fare del bene e fare insieme risulta essere la cosa più bella!!
Cosa non scontata perchè, diciamocelo...
...Siamo sempre bravi a criticare e a chiedere o pretendere cose, ma quando ci viene chiesto...Quante volte siamo disposti a dare?!

Come molti sapranno, alcuni anni fa, attraverso il Matteo Bodini, abbiamo mandato dei soldi della cassa mulesca per finanziare, all'interno di un progetto CARITAS, l'iscrizione di due ragazze Haitiane a scuola nel progetto RESTA VEK.

http://vivalamula.blogspot.com/2016/05/mula-sociale.html

Più recentemente 100 euro sono stati inviati alla sede centrale del Cai per contribuire alla sottoscrizione nazionale finalizzata al ripristino dei sentieri danneggiati dalla tempesta Vaia dello scorso anno.

Questa'anno, la vendita delle bellissime magliette Mulesche ci ha consentito di tirare su una discreta somma di denaro che non intendiamo assolutamente tenere!!

Il c.d.a. si è riunito ed ha deciso di devolvere 600 euro ad associazioni dedite al volontariato sociale.

300 euro sono stati devoluti all'associazione la "Pulce Allegra" nella quale sono volontari la sorella ed il cognato del buon Pietro Arioli.
Associazione che si occupa dell'organizzazione del tempo libero per persone diversamente abili.







ASSOCIAZIONE PULCEALLEGRA
Via Niccolò Jommelli, 4 – 20131 MILANO (MI)
www.pulceallegra.ithttps://www.facebook.com/pulceallegra


Altri 300 euro sono stati devoluti ad un'associazione consigliataci dal Loris Battilana.
...Ci è arrivata anche qua uno scritto di ringraziamenti...

Grazie muli!
È la prima parola che viene spontanea dal cuore, semplicissima ma enormemente carica di affetto verso tutti voi. Non ci conoscete eppure ci avete fatto un dono grande, che a contarlo vale sì i 300 € donati ma, statene certi, a livello di riconoscenza e della bontà del gesto vale immensamente di più. Vi fa onore la volontà di destinare parte del ricavato della vendita delle magliette a sostegno di chi è in difficoltà, avete un cuore veramente grande. Sappiatelo, il bene genera bene.
Abbiamo pensato che il modo migliore per ringraziarvi è condividere con voi chi siamo, cosa facciamo e come useremo il vostro prezioso dono.
Ebbene, ci chiamiamo “Divina Misericordia”, siamo un’associazione di volontariato di strada solo da qualche anno ma esistiamo, come gruppo, da più di 30. La nostra missione è semplice: dare un piccolo aiuto a chi vive la strada e anche a chi, pur avendo una casa, ha molta difficoltà a far quadrare i conti e risparmiare anche solo qualche euro di un pasto fa molto comodo. Per noi non esiste distinzione di colore della pelle, sesso, età e religione; si è tutti fratelli nel momento della fatica. Non abbiamo certo la bacchetta magica, siamo ben coscienti che il nostro contributo non risolverà la situazione dei nostri “gioielli” (si, così ci piace chiamarli); il nostro compito risponde al bisogno primario di ognuno di avere la pancia piena e dei vestiti decorosi da indossare. Ci impegniamo in questa direzione pur essendo piccoli e con le forze per farlo solo una sera alla settimana, il mercoledì, ma lo facciamo con impegno e cuore. In questi anni ci siamo però resi conto che il volontariato è una malattia contagiosa; quando nel gruppo arriva una persona nuova, come per incanto a seguire arrivano altri amici.
Incontriamo i nostri gioielli all’esterno delle principali stazioni ferroviarie di Milano: la Centrale, Cadorna e Porta Garibaldi. Distribuiamo un pasto caldo (non manca mai una pasta e una minestra per scaldare le ossa), panini imbottiti, tè caldo, qualche capo di abbigliamento e tutto quello che la Divina Provvidenza manda. Qualche volta riusciamo anche ad offrire, sempre per strada, una piccola assistenza sanitaria grazie ad amici medici che condividono la nostra missione.
Ci hanno spiegato che siete amanti della montagna e quindi, per dare continuità al nostro progetto e alla vostra passione, abbiamo pensato che vi avrebbe fatto piacere sapere che, in vista dell’inverno ormai alle porte, stiamo valutando di utilizzare il vostro prezioso contributo per acquistare sacchi a pelo da destinare a chi la notte la passa per strada. Ecco, con il vostro dono oggi la Provvidenza siete voi!

Come avete potuto intuire dal nome del nostro gruppo la nostra radice è un po’ “paolotta” ma non tutti siamo credenti, il denominatore comune è aver visto un bisogno nella società e provare a regalare piccole attenzioni a chi in questo bisogno ci vive.

W La M.U.L.A.

Pace!

W LA M.U.L.A!!!
W LE MAGLIEMULA!!!

W L'AIUTARE IL PROSSIMO!!
W LA BUONA VOLONTA' DELLE PERSONE!!
W IL PRESIDENTE!!

giovedì 3 ottobre 2019

MULI A FILO D’ACQUA - PAGAIOMULA VOL.2


Disclaimer: l’articolo contiene un linguaggio esplicitamente entusiasta, sconsigliato ad un pubblico poco sognatore.  

Tempo stimato di lettura: 10 minuti, mettiti comodo.


Si preannuncia un weekend per pochi, ad esplorare un ambiente sconosciuto per i Muli montanari: 2 giorni in canoa sull’alto Lario.
Le informazioni pre-partenza sono di ben poca comprensibilità per i Muli d’altura: previsti più di 35 km in 2 giorni. Saranno pochi? Saranno tanti? Soprattutto, saranno troppi? Finché si parla di metri di dislivello, di ore di cammino, di km di sviluppo, di cime, cengie, canali, ghiacciai, gradi di arrampicata i Muli sanno dove mettere l’asticella, cosa è fattibile, cosa è fuori portata. Ma in acqua salta ogni riferimento e così non resta che un incosciente “si ci sono” e presentarsi al ritrovo.
Ci si vede sabato alle 9 al solito Parini, insolitamente affollatissimo causa lezioni in corso a scuola. Partiamo alla volta di Dervio con 3 macchine cariche di 4 canoe per un totale di 4 Muli pagaiatori (io, Fede, Jacopo e Davide) e 2 provetti kayakers, Marco, papà di Jacopo, e Alessandro, che ci faranno da guida per i due giorni.

L’inesperienza dei Muli si fa sentire già in partenza: ci mettiamo due ore a scaricare le canoe e caricare tutti i bagagli con un tetris che a tratti sembra impossibile. Già da questo momento inizio ad assimilare termini nuovi: gavone, il buco nella canoa dove metti i bagnali e che trattenendo acqua fanno anche da galleggiante in caso di ribaltamento della canoa (eh sì perché la possibilità di finire testa in giù nell’acqua c’è).

Finalmente verso le 12 canoe in acqua e si parte da Dervio per una traversata in direzione sponda comasca del lago. La mia canoa doppia con Davide procede un po’ più lenta degli altri, Fede e Jacopo sull’altra pensano di essere ad una gara di motoscafi e partono con uno sparone che in 10 minuti li porta dall’altra parte del lago.
Puntiamo alla fine dell’abitato di Rezzonico. La prima ora è ricca di consigli su come pagaiare, che equivale a quando di solito spieghiamo ad uno che viene in montagna le prime volte come si cammina, dove si mettono le mani, come affaticarsi meno, etc. Imparo così che bisogna distendere bene le braccia, non tenere sempre stretta la pagaia, ma afferrarla con le mani in una sorta di ok, e non appoggiare la schiena allo schienale, ma stare un po’ piegata in avanti, che bisogna tenere pagaia all’altezza degli occhi. Frasi che diventeranno un mantra nei due giorni.

In canoa, a differenza che in montagna, non c’è un sentiero, non c’è una via, bisogna solo mettere la punta della canoa e lo sguardo nella direzione in cui si vuole andare: è l’unica regola per arrivare a destinazione. Poi bhè se sulla canoa hai la il timone, è tutto un po’ più facile.
Si prosegue in direzione Dongo dove ricordiamo che la storia è passata per le vie di quel piccolo borgo sul lago. Poco prima di Gravedona entriamo nella darsena della ex Falc, dove c’è un eco strano con il quale ci divertiamo a giocare. Si avete capito bene, l’acciaieria di Sesto San Giovanni aveva un polo estrattivo proprio sul lago di Como, caricava le barche e spediva tutto a Lecco per poi portarlo a Sesto per le lavorazioni.



Pausa su una spiaggetta per pranzo, baciati da un sole insolitamente estivo per il 28 settembre, che ci fa mettere la crema solare e apprezzare le gocce d’acqua che da inesperti pagaiomuli ci auto-schizziamo addosso in continuazione. Il campione in questa specialità è Jacopo, che con le sue pagaie a cucchiaio praticamente è sotto una costante cascata d’acqua.

Cambiamo equipaggio e io e la mia socia Fede Corti facciamo coppia. Non prima che abbia provato a spiegarmi come si pagaia 


Da questo momento in poi sarà tutto un sentirmi urlare da dietro “distendi bene le braccia, pagaia lungo, gira le spalle, ma non la testa”. Perché si sa, Fede non è una perfezionista, non ha muscoli da vendere e soprattutto non è convinta delle sue teorie!!



Continuiamo costeggiando e vedendo splendide ville sul lago. Ma è la sosta a Santa Maria del Tiglio a conquistarci più di tutte. Lasciamo le canoe quasi sul sagrato della chiesa, attraversiamo un incantevole prato all’inglese e scopriamo questo gioiellino sconosciuto del lago.


Marco si rivela la migliore guida del lago che potessimo desiderare: conosce angolini e scorci favolosi.
Puntiamo verso Gera Lario dove ci si ferma con la scusa di un caffè e ci raggiungere un altro kayaker esperto. Finiamo a fare aperitivo con birra e spritz e dopo quasi un’ora Marco ci avvisa che abbiamo ancora 5 minuti di tempo e poi si riparte, perché c’è ancora tanto da vedere.
Ci avviciniamo alla zona del Pian di Spagna e Marco ci fa vedere un paio di zone incantevoli. Una dove in un gennaio di qualche imprecisato anno fa ha cercato di fare bivacco, ma l’hanno avvisato che i guardia parco della zona di notte controllavano la zona per via della discesa dei cervi e che quindi sarebbe stato meglio spostarsi. Si avete capito bene, canoa&campeggio a gennaio, sul lago. L’inverno mi stupisce di più della presenza dei cervi. Durante il weekend avremo più volte l’occasione di sentire racconti di canoescursioni invernali. Per ora non fanno per noi, ma è già una rivoluzione copernicana sapere che la canoa non è solo una cosa da estate, sole a picco e frotte di gente in giro, ma che si può fare in tutte e quattro le stagioni.

Il posto del mancato bivacco di Marco però è meraviglioso e io nella testa me lo segno e già sogno prima o poi di mettercela la mia tendina. 

Tutte queste mini-visite a posti sul lago ci fanno prendere dimestichezza su come si sale e scenda una canoa, mettendo il piede in mezzo, tenendo la canoa perpendicolare alle onde, tenendo pagaia e canoa con una solo mano e impariamo come si mette il paraspruzzi. Il paraspruzzi passa velocemente dal sembrarmi una scomoda trappola ed un alleato indispensabile per non avere più acqua dentro la canoa che fuori.
Suggerisco a Fede pure un modo da vere signorine per tenerlo in discesa e salita, senza inzupparlo d’acqua prima ancora di entrare in canoa. A guardarci a me sembriamo un po’ le ippopotamine di Fantasia.  



Arriviamo alla spiaggia del nostro bivacco. E’ uno dei momenti che adoro di più dei due giorni, non solo perché essere arrivati qui significa smettere almeno per un po’ di pagaiare. Scarichiamo i bagagli, mettiamo ad asciugare giubbottini, paraspruzzi e vestiti. Jacopo ci racconta che hanno scelto il posto un paio di settimane fa venendo in perlustrazione. Eh si, perché come ogni uscita Mula, c’è molto dietro. Chi ti ha inviato minimo si è guardato l’itinerario, ha pubblicato la proposta (accollandosi anche l’eventuale rischio di zero adesioni), ha raccolto le presenze e domande a pioggia di possibili partecipanti. In questo caso Jacopo addirittura aveva pensato a varie mete dal mare, al veneto, forse pure a qualche fiume. Oltre che essergli infinitamente grati per lo sbatti che si è fatto insieme a Davide, la prendiamo un po’ come una mezza promessa che questa PagaioMulata Vol.2 sia solo la seconda di tante avventure.


Torniamo al bivacco. Appena inizia a scendere la luce montiamo le tende, in modo da essere sicuri di non essere visti, e quindi eventualmente cacciati. Una volta che ci siamo sistemati allestiamo la cucina.
I vestiti e i piedi asciutti ci sembrano un gran lusso.



Cucinare sui fornelletti, sulla spiaggia, alla luce della luna e delle stelle, fanno il resto dell’atmosfera. Ammetto che apprezzo oltre modo questo momento: nella mia vita ci sono risotti in busta che ho apprezzato di più di lunghe cene gourmet, questo è uno di quelli! Tornare all’essenziale, e vedere che non solo basta, ma è pure bellissimo, è sempre un regalo. Sarà la spiaggia, sarà la compagnia, sarà l’avventura, sarà pure la stanchezza. Mi gusto il momento, probabilmente molesto gli altri con degli occhi a cuore, diversi sospiri e parecchi “che bello!”
.

Innaffiamo la cena con una birretta e della vodka polacca dono del weekend precedente di Fede in Polonia. C’è pure una bella arietta che toglie l’umidità e il cielo è abbastanza affollato di stelle da riconoscere qualche costellazione. Sono estasiata.




Durante la serata c’è pure il tempo per raccontare ad Alessandro, cosa è la Mula, come è nata e cosa facciamo. Raccontarlo è la scusa buona per ricordarci anche che fortuna è essere parte di questa bella e pazza Mula. Promettiamo ad Alessandro che prima o poi lo portiamo con noi a fare qualche giro facile in montagna. Chiudiamo la serata con una lezione di Marco sull’indispensabile paletta.

Ci si dà appuntamento alle 7 la mattina dopo svegli. Forse anche per una missione non del tutto legale nella vicina area protetta dei Pian di Spagna, sulla quale non tutta la compagnia è d’accordo.
Al risveglio scopriamo che la missione non si potrà sicuramente fare: ci sono molti pescatori appostati davanti alla foce del’Adda, impossibile passare di lì inosservati.  Jacopo e Fede sicuramente sono contenti, forse i pescatori sono figuratni che hanno ingaggiato loro.
Ala fine ci mettiamo 2 ore a colazionare, smontare le tende, ricaricare le sacche stagne (altra parola nuova: sono le sacche dove mettere le cose, perché un po’ di acqua in canoa può entrare e meglio non bagnare i bagagli, soprattutto se si tratta di cose tipo il sacco a pelo in cui dovrai dormire la notte).
Si parte per ridiscendere verso Dervio, questa volta dal lato lecchese del lago. L’acqua è piatta, un olio, sembra proprio di scivolarci sopra. Costeggiamo e ad un certo punto vengo investita da un odore di bosco inaspettato: non pensavo che si potesse stare a livello dell’acqua del lago e sentire quel profumo che di solito associo alle passeggiate in montagna. Lo respiro a pieni polmoni e mi godo la sorpresa di questo cambio di prospettiva.

Ci fermiamo per un’escursione alla ricerca del laghetto Nero. I Ferrario sono al secondo tentativo di trovarlo, sono già venuti qui un’altra volta. Alla fine più che il lago-pozzanghera (FOTO) ci hanno colpito le castagne!!! Ci riempiamo le tasche, e poi le canoe (ora sono da Davide dal quale ci aspettiamo un invito per mangiarle ;-) )



Durante la camminata c’è anche il tempo perché Jacopo mi racconti della pagaiata estiva di alcuni giorni fatta a Corfù ad agosto ed è lì che sento due parole che insieme non avevo mai sentito: camping nautico. E’ un abbinamento al quale non avevo mai pensato, ma sento come un click e me ne rendo conto immediatamente: questo termine ora è nella mia lista dei desideri. So che lo sognerò fino alla prossima avventura!   

La tappa è la scusa buona anche per sgranchirci un po’ le gambe. Ripartiamo poi alla volta della baia di Piona. Anche qui il cambio di prospettiva c’è: vediamo la falesia di Piona, luogo di arrampicate mulesche, dal basso, non essedo lì a capire oggi che gradi faremo, ma a scrutare a distanza sagome di arrampicatori.
La voce, dolce ma non troppo, della mia socia di canoa inizia a farsi sentire più frequentemente e a furia di “allunga la pagaiata” deciderà a fine baia di Piona, complice una sosta in spiaggia, di abbandonarmi al malcapitato Davide.
Continuiamo a rimandare l’ora del pranzo, e al momento della sosta a Corenno decidiamo definitivamente che i nostri panini-ranci da viaggio c’è il riporteremo a casa,  vogliamo una pizza a fine avventura. Basta pronunciare la parola che diventa da quel momento il nostro unico pensiero.
Arrivati a fine giro scopriamo che abbiamo anche schivato il rischio onde alte e vento contro, che solo alla fine ci confideranno i kayakers esperti era reale stando alle previsioni meteo.

Disimbarchiamo tutti i bagagli, carichiamo le macchine ed dopo una pausa-oramai-cena ripartiamo alla volta di casa.




Arrivati al parcheggio del Parini ci incrociamo con Luca e Daniele, di rientro da un'altra avventura mulesca domenicale: salita al Resegone per le ferrate Centenario e Franco-De Silvano (o un nome simile).
Ci chiedono come è andata la pagaioMulata. Più che le parole, sono le nostre facce, l’entusiasmo nella voce (e pure qualche foto divertente) a fargli capire quanto siamo felici dei due giorni a filo d’acqua. Forse anche grazie allo stupore che vediamo nelle loro facce, ci rendiamo conto di quanto siamo super felici di questa avventura! A volte serve vedere il proprio entusiasmo riflesso negli altri. (Tra l’altro credo che altri due pagaioMuli per le prossime avventure lì abbiamo conquistati. )
Me ne torno a casa con molte parole nuove imparate, un’avventura condivisa in più, la scoperta che 38 km in canoa in due giorni non solo si possono fare, ma che anche io li posso fare!, e la voglia pazza di giornate a filo d’acqua e notti di bivacco!!

W la mula
W il presidente
W cambiare prospettiva
W le nuove rotte
W il camping nautico

Clara

[ndr: Maestri pagaiatori perdonate se ho scritto qualche cosa di impreciso sull’arte delle canoa ;-) ]


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