martedì 26 novembre 2019

Sotto l'acqua e nella neve ai Piani d'Artavaggio, tra battesimi e padelle

Flashback!
La Mula è anche (per fortuna) questo: un gruppo di adulti, gente seria e rispettabile, catapultato indietro di venti – venticinque anni da un po' di neve, da una paletta sotto il sedere e dalla compagnia giusta!

Ma andiamo con ordine, in una giornata che ha fatto registrare diversi eventi degni di nota.
Ritrovo alle otto al parini. Affluenza record: si sa, i muli sono come i vampiri, se per caso ci fosse stato il sole ci saremmo rintanati tutti nelle nostre mulesche dimore. Ma ecco che con pioggia e bufere di neve ci sentiamo subito a nostro agio, e tutti a scalpitare, puntualissimi, ai box di partenza al parini!
Partiamo alla volta di Moggio dopo un'abbondante colazione e dopo aver agguantato il povero Dario Gazzi che, dopo averci vanamente atteso al parcheggio del Parini per venti minuti, ignaro del fatto che il resto della ciurma stesse allegramente gozzovigliando al bar, pensava che fossimo partiti senza di lui e stava per tornare a casa...come se fosse possibile partire senza il nostro fotografo ufficiale! Ah, quasi dimenticavo, prima nota di colore: Alice a fine colazione, di colpo sbianca in volto, rendendosi conto di avere con sé qualunque tipo di attrezzatura alpinistica, meno gli scarponi. Per fortuna però che Fede c'è: recupera un paio di scarponi alla povera Alice e finalmente si parte!
La pioggia è una fedele compagna di viaggio, e ci ha anche fatto l'inattesa (e non certo gradita) sorpresa di aver trasformato un rigagnolo in un fiume in piena. Ma i muli sono coraggiosi: non passa per la mente a nessuno di voltare i tacchi e rinunciare alla meta, così i più intrepidi guadiamo rocambolescamente il neonato Rio dei Piani di Artavaggio e, improvvisatici esperti ingegneri che in confronto quelli del genio civile dei romani nelle guerre puniche erano dei bambini che giocavano coi lego, costruiamo un ponte di legno che permette anche ai più pavidi di guadare il fiume.
Siamo tutti sull'altra sponda, e si riparte alla volta dei Piani di Artavaggio, ansiosi di pestare un pò di neve!
Un paio d'ore di cammino e vediamo finalmente la neve! Il problema è che ad un certo punto comincia a diventare tanta...davvero tanta, bagnata e molle...
Così, cominciamo a sprofondare nella neve quasi fino alla vita, smadonnando per non aver portato un paio di ciaspole e per non aver fatto la scelta che ogni persona sana di mente fa in una domenica di pioggia: stare a casa, davanti al camino!
Tra una bestemmia e un'altra, finalmente riusciamo ad arrivare al rifugio. Ma i muli hanno anche questa caratteristica: sono come i gas, si espandono. In dieci minuti, prendiamo completo possesso del rifugio, trasformandolo né più né meno che in uno dei mega campi rom che tanto cruccio arrecano ai seguaci del capitano, con tanto di calzini e magliette disseminati prepotentemente per tutta la stanza. L’accorato invito di Ste Riva a mantenere una parvenza di civiltà rimane inascoltato, e ormai il degrado urbano nel rifugio è definitivamente sdoganato.
Comincia la festa: felici di essere di nuovo al caldo, pranzo tutti insieme a base di capriolo, pizzoccheri e poi vino, vino, ancora vino…talmente tanto vino che si improvvisa un contest di zone del corpo che mai prima di domenica erano state oggetto di giudizi così accurati (o di un qualsiasi tipo di giudizo), con tanto di dissertazioni ed accese diatribe su forma e dimensione (non pensate male, parlo delle orecchie).
Momento clou post pranzo: battesimo dello scrivente e di Darione Gazzi. La prova è tosta, considerato il clima pessimo e il fatto che avevamo i vestiti ancora bagnati: un tuffo nella neve, in maglietta a maniche corte e a piedi nudi. Ma la voglia di essere dei muli è più forte della brama di tepore; senza farcelo ripetere due volte, usciamo e ci lanciamo senza paura nella neve soffice, sotto lo sguardo attonito del rifugista (unico altro essere vivente ai Piani d'Artavaggio, oltre ad una coppia sommersa dai nostri vestiti bagnati).

Altra nota di colore, che mi vede protagonista e che vorrei tanto che cadesse nell'oblio più totale...Ma so già che non potrà essere così, e che questa perla rimarrà a buon diritto negli annali muleschi (anche perché un'impietosa Fede Corti era testimone, e dubito che deciderà di tenere un atteggiamento omertoso sul punto): con più alcool che sangue nelle vene, decido di mettere una ghetta sopra l'altra (quindi due sulla stessa gamba, perché la ghetta è come il maxibon: two ghettes is meglio che one) e, non contento dell'eroico gesto, vago disperato per il rifugio cercando la seconda ghetta. Mi rendo conto dopo dieci minuti buoni di (ovviamente) infruttuosa ricerca, quando ormai la figura di cacca era fatta e finita, del misfatto.
Finiti pranzo, battesimo, e ritrovata la ghetta “perduta” la regressione temporale ha inizio: spianiamo la neve e, paletta sotto il sedere (talvolta dal lato sbagliato, come nel mio caso), ci lanciamo senza paura giù dai pendii!


I pensieri della settimana li abbiamo lasciati giù a valle, e ci lanciamo leggeri come la neve soffice nella quale ogni tanto ruzzoliamo ridendo; la Mula ti alleggerisce e ti ringiovanisce.

Alla fine, decidiamo di scendere sulle nostre palette, finché c'è neve, tra una battaglia di palle di neve (che quando ti colpiscono in faccia sembrano un pugno di mohammed alì - https://youtu.be/ND9vgqUkRC0) e un agguato a Ste Riva
(per il quale Fede mi aveva arruolato al prezzo di una scatola di cookies, che aspetto da un momento all’altro), felici e soddisfatti della giornata, pronti per cominciare una nuova settimana, con la certezza di aver trascorso la nostra domenica nel miglior modo possibile.


W Sant'Antero che ci ha fatto la grazia di un po' di neve con cui giocare!
W Santa Cunegonda che ci ha accompagnato per tutta la giornata!
W la Mula che neanche sotto l'acqua perde un colpo!


Mulà (il predestinato)

1 commento:

  1. Ciao! Come si fa per sapere le prossime escursione in programma? Grazie!

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