venerdì 9 luglio 2021

PALLABIANCA is the new PETIT MONT BLANC


*alert: so scrivere articoli solo in prima persona.

*spoiler: si parla di un fallimento, se sei interessato/a solo ai grandi successi, meglio che investi i prossimi 5 minuti ascoltando “Mille” di Orietta Berti, Fedez e Achille Lauro

L’intera gita se guardassimo solo al risultato potrebbe essere descritta in due righe scarse: non siamo riusciti a salire al Palla Bianca, abbiamo dovuto desistere prima di entrare nel ghiacciaio perché la neve non era in condizione. Ma quello che ci sta dietro, davanti, di fianco, sopra e sotto è molto di più. E’ la differenza tra arrivare in cima e passare insieme il tempo per arrivarci. Tra le mete e il viaggio.

COSA CI STA DIETRO

E’ oramai tradizione che si provi un ghiacciaio di inizio estate. Non è mai un’impresa alpinistica di quelle proibitive, anzi è piuttosto un’impresa “inclusiva” un modo per far alzare l’asticella a quelli di noi che altrimenti non avrebbero occasione di fare un ghiacciaio e tentare cime sopra i 3000. Queste esperienze si possono fare grazie alla guida esperta di quelli per cui quella salita è un buon allenamento per prepararsi ad altro. Si fissa il weekend, si cerca la meta e si inizia a desiderarlo!!

Questa volta la spedizione è composta da AriLongo, SteRiva, Luchino, Clarame, Danielo, Brusa…e aggregato all’ultimo IlMarioRiva J

La prima meta scelta era il Bishorn, anche detto “4000 des Dames” (il 4000 delle donne) per la sua semplicità. Ma dopo qualche settimana dalla decisione scopriamo che ci sarebbe costato millanta tamponi a testa tra entrata in Svizzera e reingresso in Italia. Io spero anche che la forzata rinuncia sia un segno degli dei sul fatto che il patriarcato è oramai più crepacciato di un ghiacciaio in pieno climate change ;-)

Il gruppo non si è perso d’animo ed “esce” un’altra proposta: il PallaBianca (o Weiss Kugel) 3mila8equalocosa al confine tra Italia e Austria, in alta Val Senales.


COSA CI STA DAVANTI

Davanti ci sta una partenza alle 8.01 del sabato da Agrate, una salita in macchina con una “mancata uscita” a Verona della macchina di Danielo che ci regala una 40ina di km in più e una spia “problemi al motore”.

Arrivati a Maso Corto pranziamo al volo, ci accertiamo di aver lasciato la macchina in un posto in cui non la ritroveremo il giorno dopo con 100euri di multa, e iniziamo a salire. Abbiamo gli zaini belli carichi (anche perché schifiamo un servizio trasporto bagagli alimentati dal solito culto della fatica della Mula). Io in particolare accuso il peso, dello zaino e dei kg messi su in quarantena, e salgo lentina.

Arriviamo al rifugio Bellavista, anzi Rifugio con la R maiuscola. Ci sentiamo fin inadeguati in mezzo alla sciccheria del posto: piccole stanze, bagni che sembra di essere alle terme, docce calde, sauna, porte a vetri scorrevoli e cameriere sorridenti che dicono “la vuoi un’altra birra?” ad ogni avventore, ripetutamente, con la tipica R austroungarica. Unica pecca: una disposizione labirintica degli spazi che disorienta il visitatore e lo fa finire più volte per sbaglio in cucina dietro i fornelli, invece che in bagno.

La sera riusciamo perfino a vedere Italia-Austria in tv, in un contesto in cui siamo chiara minoranza.



COSA CI STA DI FIANCO

Di fianco ci stanno un miliardo di cose. Innanzitutto il meteo, sembra bello fino al primo pomeriggio di domenica (e i santi ci confermeranno il loro favore facendo venire a piovere solo quando saremo alle macchine). Ci sta una colazione alle 4 di mattina, con sveglia a orari conseguenti.

Ci sta l’uscire dal rifugio e avere una vista così.



E’ più caldo e luminoso di quanto ci aspettiamo. Spegniamo quasi subito le frontali. Prima scendiamo, poi iniziamo a salire. Incrociamo nevai, poi e l’ora di mettere i ramponi, fare qualche traverso e risalire un canalino. Non conosciamo la zona, per fortuna Brusa e Ste hanno studiato e l’itinerario e ben segnato dai bolli.

Io inizialmente sento di avere buona gamba, ma dopo un muretto di neve in un canalino, complice anche uno SteRiva che dice che siamo “già” a metà dello sviluppo sento chiara la sensazione non ho abbastanza gamba per arrivare su. Penso anche al piano “Tra poco quando vedo la vetta e il percorso per arrivarci, valuto la distanza e se mi sento ancora così lo dico a papà castoro Brusa, gli chiedo dove è meglio che mi fermi, lascio salire gli altri e lì aspetto lì”.


Piano che davanti alla vista effettiva della cima, e della sua distanza, metto in atto. Peccato per un particolare: è infattibile che mi fermi per 3 ore a 3.100 metri ad aspettare gli altri, e gli altri me lo dicono forte e chiaro.

Provo a fare un po’ di resistenza a dire che scendo un po’ da sola. Ma non ci credo neanche io, mi è velocemente evidente che ho detto una cazzata, la mia rinuncia comporta anche quella di qualcun altro. Mi brucia parecchio, più di rinunciare io, per fortuna non vedo il minimo dubbio negli occhi di Luca nel dirmi “Torniamo indietro”.

COSA CI STA SOPRA

Sopra ci sta ancora la cima del Pallabianca da raggiungere. Una cresta non troppo simpatica da attraversare e anche un altro paio di cordate che si vedono davanti ai compagni che hanno continuato la salita. Ci fermiamo un po’ a guardarli, sembrano esitare, siamo quasi certi che stiano tornando indietro anche loro, ma aspettandoli e non vedendoli arrivare pensiamo invece abbiano proseguito per la vetta. Scopriremo ore dopo che non è così, che si sono legati, sono provati a scendere sul ghiacciaio, ma la neve era buona per le immersioni, non per le ascese, e quindi sono dovuti tornare indietro.








Non nascondo che l’esito mi abbia un po’ sollevato dal senso di colpa di aver fatto tornare indietro il mio compagno, che di sicuro di gamba e di testa per la vetta ne aveva.

Ci ritroviamo tutti al Rifugio Bellavista per pranzare insieme. Ritroviamo anche il Mario, che in giornata si è fatto dei giri autonomi ed è perfino sconfinato in Austria. Facciamo una serie di induzioni logiche tendenziose: dopo il celebre “caffè cattivo del Petit Mont Blanc” e il fatto che anche oggi il Mario da subito aveva detto che non avrebbe tentato la vetta, forse d’ora in poi meglio considerare che se in gruppo c’è Mario e dichiara di non provare la cima, sia meglio per tutti desistere. Senza il Mario i Santi non ci concedono successi!


COSA CI STA SOTTO

Sotto, o forse dentro, questa due giorni di tentato ghiacciaio, ci stanno un sacco di emozioni. Come l’anno scorso al Rutor, il ghiacciaio mi crea dipendenza, non nel senso che non riesco più a smettere, ma nel senso che sento forte, come poche altre volte in montagna, che “dipendo dagli altri”. Sono inesperta, non so niente di nodi, non riesco mai a capire come si valuti la condizione in montagna, mi lego in cordata ad altre persone. Posso provare a fare queste cose solo perché qualcuno se la accolla questa dipendenza. Il che a volte vuole dire per qualcuno anche prendersi un pezzetto del mio non essere all’altezza.

Sotto questa esperienza della montagna con la neve per me c’è sempre anche un po’ di paura. Che è un’emozione un po’ innominata, perfino con sé stessi. Ma io quando riesco a chiamarla, in quelle parole “ho paura”, che forse pensiamo siano solo dei bambini, mi sento di nuotare in un po’ di libertà in più. Libertà anche di non essere all’altezza.

Sotto ci sta anche una gratitudine immensa. San Grato per me è il santo dei ghiacciai. L’avevo incontrato l’anno scorso al Rutor, in una chiesetta. San Grato (e i miei compagni) questa volta mi hanno insegnato che “se sei lì, bisogna provarci”. La sera prima sentendo che altre cordate avevano deciso di non tentare nemmeno il Pallabianca per via delle condizioni della neve, ho pensato che forse non fosse il caso, che forse dovevamo valutare anche noi. Ma oggi sono molto grata di averci provato e so che mi ricorderò questo insegnamento altre volte.

E la gratitudine, che ho sempre grande in queste avventure, non è per il COSA ci sta sopra, sotto, di fianco, dietro o davanti a questa avventure, ma per il CHI. Per i compagni di cammino, di chiacchiere, di prese in giro e di avventure.  Ci vogliamo molto bene alla Mula, anche se ce lo diciamo poco!


W la Mula

W il presidente

W la dipendenza

W la paura

W San Grato

W scrivere gli articoli e ripensare alle avventure!

Clarame

NOTA2. Se arrivato a fine articolo ti stai ancora chiedendo “Ma cosa è il Petit Mont Blanc?!” …leggi qui, un’altra bellissima storia di un fallimento http://vivalamula.blogspot.com/2018/06/due-giorni-in-val-veny-storie-di-salti.html

NOTA 3. Se dopo 2 fallimenti, vuoi leggere anche di un successo, puoi leggere del Rutor http://vivalamula.blogspot.com/2020/07/rutor-un-weekend-della-madonna.html

venerdì 2 luglio 2021

Luigino

 ...E poi incontri Luigino Airoldi alla

Serata per il 𝟔𝟎𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐚𝐧𝐧𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐮𝐝 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐜𝐊𝐢𝐧𝐥𝐞𝐲 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐩𝐞𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐂𝐢𝐭𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐋𝐞𝐜𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝟏𝟗𝟔𝟏.
...Alpinista, Ragno di Lecco, accademico Cai, istruttore nazionale di alpinismo, cavaliere ufficiale della Repubblica Italiana...
...90 anni di entusiasmo ed adrenalina!
Una grandissima voglia di raccontare, di raccontarsi...
Mi piace il suo modo di vivere la montagna!!
Parla di avventura e di amicizia, ma si vede che la prima, senza la seconda vale poco...
Tanto che gli chiediamo di poter usare una sua frase da mettere sulla stampa delle prossime magliette del nostro gruppo...
"...PERCHÉ NON C'È COSA PIÙ
BELLA CHE ANDARE IN MONTAGNA
CON GLI AMICI..."
Ne è compiaciuto!!
...Parliamo un pò...
Gli regaliamo la maglietta del nostro gruppo di amici che vanno in montagna "La Mula"
È emozionato e felice!!
Noi di più!!
Gli regaliamo anche l'adesivo del nostro gruppo...
Ci ringrazia entusiasta e dice :
"Questo lo metto tra i miei ricordi"
...Perché neanche a 90 anni si smette di costruire storie e ricordi, di cercare vite ed amicizie!!
Ci racconta che sta sistemando le foto del suo viaggio in Afganistan...
Abbiamo poco tempo...prima di salutarci ci dice:
"Se fate qualcosa ditemelo che vengo anche io"!!!
Lui 90 anni, un cuore ed uno spirito grandioso!!
...E noi 35enni Mutiiiii!!!
Che lezione di vita!!
Grazie Luigino!!





VIVA LA MULA!!! VIVA LUIGINO!!!
VIVA LA MONTAGNA!!! Dani