Di solito i nostri CDA hanno cliché ben definiti:
ritrovo a casa di qualche personaggio di buon cuore che mette a disposizione la
sua magione, si inizia bere qualcosa mentre ci si intrattiene nei convenevoli,
si continua a bere mentre ceniamo, beviamo mentre si discutono i punti
all’ordine del giorno, Danielo è ubriaco, fine della serata.
Il 4 febbraio però è stato diverso, ma andiamo con
ordine. Un bel giorno infrasettimanale di gennaio mi sveglio la mattina
talmente voglioso di lavorare che mi viene in mente un’idea: perché non fare un
CDA alternativo? Propongo così ai muli di farlo magari in montagna, magari con
salita notturna, magari sostando in un rifugio per cenare (d’altra parte la
cena non può mancare nel rituale propiziatorio di ogni CDA che si rispetti),
magari tornando al punto di partenza in un tempo decisamente più veloce di
quello di salita, magari facendo tutto questo in una sera di luna piena che
illumina da sola il percorso.
L’idea sembra raccogliere svariati pareri positivi
tanto che mi metto in moto, chiamo il rifugio e chiedo di prenotare per 19 (si
sa, i CDA sono aperti anche ai rispettivi “+1” dei membri democraticamente
eletti) alle 19 (e trenta) del 19. No, questo no, del 4 febbraio. Sollievo, il
posto c’è, le membra affaticate del CDA potranno essere adeguatamente ristorate
e le assetate gole rinfrescate.
In questo andare con ordine facciamo, ovviamente, un
passo indietro: ma esattamente cosa vuol dire “tornando al punto di partenza in
un tempo decisamente più veloce di quello di salita”? Vuol dire che all’andata
ti fai lo sbattimento di trascinarti, per i 600 mt di dislivello che separano
la partenza dal rifugio, il mezzo prescelto con cui poi dovrai scendere: il
bob!
Ritorniamo all’ordine, per ora ho solo detto il
“come” non ho ancora parlato del “dove”. Il 4 febbraio ci diamo appuntamento
alle 16.30 a Caspoggio (stupendo amore mio) per ritirare i bob di coloro i
quali dei quali dei quali ne hanno richiesto il noleggio. Secondo appuntamento
per tutti a San Giuseppe per le 17, partenza prevista a camminare alle 17.30.
Ovviamente Marta, Bolla e me medesimo buchiamo tutti i checkpoint possibili ed
arriviamo alle 17.40. Sto ancora ringraziando i due fenomeni che hanno deciso
di stamparsi nella galleria del sommo Monte Barro lo stesso giorno a distanza
di tre ore l’uno dall’altro, creando ovviamente code indicibili. Ringrazio
anche me stesso per non aver impostato il navigatore, tanto che serve metterlo?
La strada la so a memoria. Si narra che scesero sacramenti come se piovesse.
Bando alle ciance, sono finalmente le 17.45 e
iniziamo a salire. Qualche mulo di poca fede è dubbioso sul portare o meno i
bob, effettivamente in questo non-inverno la neve è poca e al parcheggio
proprio non ce n’è. Da buon conoscitore del luogo rassicuro con paterno affetto
che le loro fatiche saranno ripagate, già che ci sono li perdono anche per
questo flebile atto di insubordinazione.
La salita procede spedita lungo la carrozzabile
innevata che sale prima ai Barchi e, da lì, si addentra nel bosco fino a
giungere dopo svariati tornanti al lago Palù e quindi all’omonimo rifugio. È
una sera stupenda, non c’è una nuvola in cielo e il lago ghiacciato coperto di
neve è illuminato dalla potente luce della luna piena. Bello fuori, ma la
pancia chiama e così entriamo in rifugio dove ci hanno riservato un tavolata
ben apparecchiata davanti ad un stupendo camino acceso. Peccato che il Brusa e
il sottoscritto avessero esattamente alle spalle anche una stufa a legna
ovviamente in funzione. A Ferragosto avrei avuto meno caldo.
La cena è abbondante con l’antipasto a base di
salumi e formaggi, bis primi con pizzoccheri e ravioloni al ragù di cervo al
quale seguono svariati bis delle suddette pietanze. Il tutto innaffiato da
abbondante vino rosso della casa. Stiamo già rotolando quando arriva la
crostata che chiude la nostra cena. Oh, nel frattempo abbiamo anche fatto il
CDA dove sono stati stilati gli eventi salienti dell’anno, noi mica si è in
giro a cazzeggiare. Caffè, ammazzacaffè e poi tutti fuori che inizia il bello.
Prima di partire facciamo la foto di rito, sia mai
che qualcuno va dritto al tornante e non lo rivediamo più. La partenza è col
botto, nel senso che 10 metri sotto il rifugio vedo Ernesto che si stampa col
bob conto il muro. Poi si narra che si sia ricordato come si guida il mezzo e
abbia gareggiato col Bolla e Medio fin sulla linea del traguardo. Detto dei
primi tre piloti, ma mano partiamo tutti alla spicciolata. Alla luce delle
frontali affrontiamo i tornanti in serie come fossero chicane e lasciamo andare
i freni nei tratti di scorrimento. In circa mezz’ora siamo alle auto e,
sorpresa delle soprese, la conta di morti e feriti recita “zero” ad entrambe le
voci. Insomma, un successo!
W la Mula!!!
W i CDA alternativi!!!
W i bob!!!
PS: cosa mi porto a casa da questa esperienza?
Adesso metterò il navigatore anche per andare al cesso, sia mai che arrivo ed è
già occupato
Loris
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